c.s. Agricoltura – produzioni – consumi idrici: riflessioni di Free Rivers Italia
Pubblicato on 21/Apr/2022 in Comunicati, Newsc.s. datato 19 aprile 2022 del Coordinamento Nazionale Tutela Fiumi FREE RIVERS ITALIA
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Riflessioni sulle ripercussioni delle politiche agronomiche, zootecniche e agro-energetiche sui consumi idrici.
Chi si occupa di tutela fluviale chiede da anni una maggiore attenzione alle perdite di rete e ai consumi idrici, in particolare nel settore agricolo e zootecnico che incidono per più del 70% sul totale degli usi dell’acqua.
I consumi irrigui possono essere ridotti con un serio riordino, come previsto nei PTA (Piani di Tutela delle Acque), purché le scelte colturali siano ricondotte alla disponibilità di risorsa, tenendo conto del cambiamento climatico in corso. Impossibile, ambientalmente ed economicamente, fare fronte a tale criticità con l’incremento delle capacità di invaso, sbarrando corpi idrici naturali e realizzando nuovi grandi bacini artificiali.
L’Unione europea, con l’articolo 9 della Direttiva Quadro Acque (DQA) che impone l’attribuzione di parte degli oneri di investimento per la realizzazione delle strutture irrigue anche agli agricoltori, ha peraltro ritenuto importante “responsabilizzare” i fruitori per quanto concerne la richiesta di tali opere.
A differenza dei Servizi Idrici Integrati (acqua potabile, fognature, depurazione) ove i costi delle infrastrutture sono interamente posti a carico dell’utenza, in tariffa, nel settore irriguo molte strutture, quelle realizzate dai consorzi di bonifica, sono a completo carico dello Stato: chiederle non costa nulla agli utilizzatori finali a cui sono solo poste in carico le spese correnti.
Sempre in un’ottica di contenimento dei consumi irrigui debbono essere condotte politiche agronomiche che tengano conto dei bisogni reali del Paese: le ricadute alimentari, sanitarie e ambientali. Troppo spesso le scelte agronomiche assecondano eccessivamente o esclusivamente le esigenze di un mercato sempre più globalizzato, a volte finalizzato alla speculazione finanziaria.
La complessità della situazione e l’urgenza di agire avendo ben presente il quadro generale ci porta a fare alcune riflessioni: il mondo agricolo è al servizio dei bisogni reali dell’Italia o in funzione dei mercati finanziari?
L’impatto delle vicende belliche sull’economia e sulla produzione agricola richiede un confronto serio sulle scelte che il Paese deve sostenere, non solo in ragione degli interessi imprenditoriali del settore agricolo, legate a condizioni di import/export dei mercati internazionali, ma in funzione del nostro benessere e dell’ambiente in cui viviamo.
Queste esigenze devono, tra loro, essere conciliate evitando scelte “profittevoli” dettate dal contesto di urgenza (ad esempio le deroghe su alcuni prodotti fitosanitari, sulla conduzione delle derivazioni e della DQA, sull’introduzione degli OGM, ecc.).
Alcuni elementi da analizzare: l’Italia è un paese deficitario per il 64% per quanto riguarda il grano tenero (per prodotti da forno, pane e biscotti) e del 35% per il grano duro (usato nella produzione della pasta). Sia il grano tenero che il grano duro sono colture scarsamente idroesigenti e sono alla base del nostro regime alimentare.
Per contro il mais, utilizzato principalmente per l’alimentazione del bestiame e in parte per la produzione di biogas, è importato per il 53% del nostro fabbisogno ed è una coltura particolarmente idroesigente.
Altro esempio, il pomodoro prodotto in Italia, idroesigente, è destinato per oltre il 50% al mercato estero, principalmente europeo (a fronte di 71.217 ha messi a coltura in Italia nel 2021 sono stati prodotti 6,05 milioni di tonnellate di pomodoro, di cui il 51% nel Nord del paese e il 49 % nel Centro-Sud, fonte ANICAV)
Dove investire risorse ed energie? Sul grano o sul mais? Su prodotti per la diretta alimentazione umana o su prodotti per l’alimentazione animale, oppure per produrre energia? Alimenti per i nostri fabbisogni nazionali o per compagnie di import/export?
Il deficit dei cereali sopra richiamato è dovuto a fattori di mercato. Fino ad oggi è stato meno dispendioso importare tali prodotti dall’estero concentrando la nostra produzione agricola nel settore ortofrutticolo, finalizzato all’export.
In un contesto di crisi geopolitica s’intende ancora sostenere l’idroesigente filiera agronomica finalizzata all’export o è meglio puntare alle produzioni agronomiche scarsamente idroesigenti, quali i cereali autunno-vernini? Questi cerali costituiscono la base alimentare italiana ma ne soffriamo il deficit produttivo interno a causa della scarsa remunerazione riconosciuta a chi li coltiva (sono prodotti sotto pagati).
Nel corso degli ultimi 20 anni non si è ridotto peraltro l’elevato consumo di suolo che caratterizza il nostro paese: l’espansione urbanistica, l’enorme sviluppo delle infrastrutture lineari e di poli logistici hanno infatti eroso migliaia di chilometri quadrati di terreno ogni anno. Terreno sottratto non solo alla funzione agricola ma anche a quella ambientale, con conseguenze negative sull’assorbimento dell’acqua piovana, sul contenimento del dissesto idrogeologico, sul caricamento delle falde acquifere, ecc.
Tutto riporta ancora al tema dell’acqua: l’aumento dei terreni coltivabili, limitatamente realizzabile se non sacrificando terreni a riposo colturale o a greening, imporrebbe comunque la ricerca di ulteriore risorsa idrica.
In tale difficile contesto le scelte colturali, in ragione delle sempre più scarse disponibilità di portate e delle strategiche esigenze agroalimentari del paese, dovrebbero indurre alla revisione delle politiche agronomiche, zootecniche e agro-energetiche condotte negli anni passati.
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Il Coordinamento Nazionale Tutela Fiumi – Free Rivers Italia, ha lo scopo di mettere in rete i comitati e le associazioni che si battono per la tutela dei corsi d’acqua sul territorio italiano. Per l’elenco degli aderenti e per informazioni sulle attività consultare il sito www.freeriversitalia.eu