«Basta case e aziende ai piedi dei grandi ghiaioni»
Pubblicato on 9/Ago/2017 in NewsDal Corriere delle Alpi dell’8 agosto 2017
Il governatore del Veneto ha sorvolato in elicottero le Dolomiti ampezzane: centinaia di milioni
di metri cubi di roccia stanno rotolando a valle. Le colate non si possono stoppare, le opere umane sì»
Zaia: «Basta case e aziende ai piedi dei grandi ghiaioni»
CORTINA«Pensare di fermare le montagne è impossibile. È possibile, invece, fermare gli abusi, pubblici o privati che siano». Abusi di che tipo? «Paesi interi costruiti ai piedi delle frane o dei ghiaioni». Qualche esempio? «Basta percorrere la statale di Alemagna, per arrivare a Cortina».Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, lo dice – allarmato per quanto potrà succedere con le sempre più numerose bombe d’acqua -, rivolgendosi a coloro che in questi giorni hanno espresso polemici inviti a non “sprecare” soldi per i Mondiali di sci o per il Treno delle Dolomiti e ad investirli, invece, nella messa in sicurezza del territorio.
Hanno ragione gli ambientalisti a ricordare, per l’ennesima volta, che si sta investendo troppo poco nella prevenzione e, ancora meno, nella sicurezza del territorio? «È vero. Noi in Regione lo abbiamo detto ancora sette anni fa, ai tempi dell’alluvione del 2010, quando con il Piano D’Alpaos abbiamo chiesto al Governo quasi 3 miliardi di investimenti». Di quei tre miliardi, quanti soldi sono arrivati? «Abbiamo aperto 925 cantieri con i quali stiamo realizzando opere per 650 milioni. 350 di questi sono arrivati dal governo Berlusconi, poi nessun euro».
Sabato, volando in elicottero sopra Cortina, lei che cosa ha visto? «Un’infinità di frane e di smottamenti. Intere pareti di roccia che sembrano stare lì lì per cadere. C’è da tremare pensando alla prossima bomba d’acqua. Se poi percorriamo l’Alemagna, da Tai in avanti, abbiamo modo di constatare che dalla montagna scende di tutto, milioni e milioni di metri cubi di rocce e terra. Le Dolomiti sono un ambiente fragilissimo. E proprio in questa fragilità sta la loro bellezza». Tanti di questi pericoli, fra l’altro, sono nascosti. Da quel straordinario balcone che è il monte Rite, dove l’alpinista Messner ha trasformato le macerie di un forte in un museo fra le nuvole, stanno scendendo detriti a valanga… «Come si fa a prevenire questi fenomeni naturali? Ecco la sfida che percepiamo interamente nella sua drammaticità, ma che non riusciamo ancora a fronteggiare del tutto».
Non c’è modo di stoppare le colate? «Le Dolomiti sono così originali, geologicamente parlando, proprio perché modificate in continuazione dai distacchi. No, è impossibile prevenire i movimenti franosi. È invece possibile costruire infrastrutture ed insediamenti residenziali o di lavoro sotto le pareti, ai piedi dei grandi ghiaioni?».Eppure lo si sta ancora facendo. Sono abusi imperdonabili? «Sì, tante concessioni edilizie non dovrebbero essere proprio date.
Possiamo dirlo, senza offendere la storia? Paesi come Borca e San Vito non dovevano essere costruiti là dove si trovano. Rio Gere e Rio Bigontina sono corsi d’acqua di una pericolosità unica. Eppure, sabato sono entrato in una camera piena di melma che sta quattro metri sotto il livello del torrente». I geologi le hanno spiegato quanti metri cubi di roccia stanno rotolando a valle?«Decine di milioni di metri cubi, anzi, centinaia. Rio Gere, ad esempio, ha un tratto di 4.5 km che è una devastazione continua, con massi ancora più grandi di quelli scesi lungo il torrente e che hanno provocato una diga. Scendendo troviamo Alverà, con quanto è accaduto, Acquabona, San Vito e poi la grande frana che dall’Antelao minaccia Borca di Cadore».
Il cantiere di Acquabona è un’opera ciclopica. Ma siamo sicuri che gli interventi in corso preserveranno l’Alemagna da ulteriori colate?«È un cantiere di competenza Anas e non è stato ancora del tutto finanziato. Spero lo sia quanto prima. La soluzione più efficace sarebbe stata la galleria paramassi per far scivolare la frana sopra la statale. Ma, a parte i costi, l’impatto sarebbe stato eccessivo. L’Anas, evidentemente, ha valutato che far scendere i detriti sotto la strada, attraverso i grandi tombotti, garantisca comunque la massima sicurezza».
Francesco Dal Mas