BLACK FRIDAY, Dolomiti in vendita, salviamo la montagna

Verso il 25 novembre 2022

 

 

 

 

 

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pista da bob, caroselli di impianti, strade e autostrade, megaparcheggi, megastadi, villaggi per ricchi:

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disegno dell’artista Maurizio De Lotto

Salviamo la montagna
Qui di seguito l’intervento di Luigi Casanova, Presidente onorario di Mountain Wilderness, Vicepresidente di Italia Nostra del Trentino
al convegno organizzato da OffTopic GIOCHI PERICOLOSI che si è tenuto il 19 novembre 2022 presso l’Università Statale di Milano

Nulla avviene per caso. Le ultime sedi che hanno ospitato le Olimpiadi invernali fanno tutte riferimento a grandi città. Torino 2006; Vancouver 2010, Soci 2014, Pyeonchang 2018, Pechino 2020, Milano – Cortina 2026 e probabilmente Barcellona 2030. Il grande evento sportivo e quanto vi fa da corollario con la visione culturale delle città e quindi dei loro bisogni, fa sparire le montagne che ospitano le gare. Del resto, da tempo, anche per responsabilità dirette di chi le montagne le abita, è la montagna ad essere scomparsa, certamente nei luoghi del turismo maturo.

Parlo della montagna del limite.
Il limite non è un confine. Ѐ un valore. Nella escursione o arrampicata ci dice fino a dove le nostre energie e abilità ci permettono di andare. Ѐ un’assunzione di responsabilità verso noi stessi, quanti ci vogliono bene e le generazioni future. Nella gestione di un pascolo porre un limite ci indica quanti animali si possano caricare e come gestirlo. Nella gestione dei boschi, lo ha insegnato Venezia fin dal 1500, ci fa comprendere cosa significhi selvicoltura naturalistica e guardare oltre la vita di un albero, vedere la foresta non come una sommatoria di alberi, ma come una associazione di esseri viventi, vegetali e animali, che interagiscono fra loro. Nel costruire i villaggi alpini ci è stato insegnato di rimanere stretti per non consumare suolo falciabile o coltivabile. Oggi non è più possibile nelle vallate montane consumare un solo metro quadrato di suolo libero. Si deve invece riqualificare, riutilizzare, adeguare le funzioni di una struttura ai tempi odierni, abbattere e ripristinare quanto è divenuto obsoleto. Al di là delle opere necessarie alla vita, segherie veneziane, mulini, laboratori artigianali, i corsi d’acqua hanno sempre imposto rispetto, attenzioni, distanze minime da mantenere tassativamente. Perché in montagna lo spazio è limitato, perché vivere la montagna costa fatica, perché conservare le mille fragilità della montagna impone cultura e sensibilità, perché la montagna ha i suoi tempi e le sue regole. Vivere la montagna è una scuola di sobrietà.

Parlo della montagna della fatica.
Lo abbiamo detto. Qualunque attività umana in quota costa fatica, fisica e culturale, apprendimento e conoscenza profonda, capacità di adattamento quindi di comprensione. Laddove si investe in comprensione si struttura amore, passione, responsabilità nella cura, investimento in conservazione: si diventa gelosi del bene nel quale si vive in quanto lo si sente proprio e nel contempo bene collettivo.

Parlo della montagna della qualità.
Il turismo nelle Alpi è nato dall’alpinismo, dalle case di cura nel 18° secolo. Una economia che si è affermata per la qualità dei paesaggi, dell’aria, perché si scoprivano spazi e situazioni nuove. Il turismo si è affermato perché il mondo scientifico ha trovato un universo sconosciuto da scoprire: nella geologia come nella fauna e nella flora. Forte di queste emozioni il turismo si è diffuso ed ha aiutato, anche il turismo della neve, tante comunità ad uscire da vite di sofferenza, dalla fame, dall’incubo dell’emigrazione.

Oggi il turismo ha cancellato dapprima il limite, poi la fatica agevolando ogni possibile accesso, da tempo la qualità. Il turismo inteso come ospitalità è ormai un bene quasi introvabile. Trionfa il turismo dei numeri più, dell’aggressione, ben interpretato dapprima dall’industria delle seconde case, poco dopo dalla velocizzazione della viabilità e dalla facilitazione degli accessi, poi dal turismo degli impiantisti che hanno consolidato una cultura predatoria che ci priva di valori fino alle alte quote, fino dentro le aree protette, ci priva di paesaggi oppure ci presenta territori modificati in modo irreversibile. Anzi, si stanno demolendo perfino le aree protette, vengono trasformate, con la complicità diretta di tutte le aree politiche, in strumenti di marketing. Oggi, anche grazie al prossimo evento olimpico, siamo a celebrare la montagna addomesticata alla cultura urbana. Non è più la montagna di Dino Buzzati o della Tina Merlin, di Renzo Videsott o di Ettore Castiglioni, o di Guido Rossa. E’ una montagna priva di anima propria, ci viene offerta affinché la si consumi ulteriormente, voracemente.

Così addomesticata la montagna tutta è divenuta protesi delle città, giardino ludico dove l’identità, il genius locì sono stati cancellati, una montagna asservita ai bisogni del turista, non dell’ospite direbbe l’albergatore di Corvara Michil Costa. Come definisce il turismo di oggi Michil? “Pornografia alpina”. Una provocazione forte. Osserviamo come si sta modificando la viabilità: si richiede velocità. Come si sta trasformando l’architettura, fino alle alte quote, semplificata in una sovrapposizione di banali parallelepipedi fino a arrivare alle proposte di piramidi, ai grandi cilindri, alle torri vetrate imposte alle rocce. L’uomo ha la pretesa di fare concorrenza alla complessità di una montagna, ma misero come è si trova costretto a semplificare: si dimostra incapace di fantasia. Oggi deve stupire, inutili balconi panoramici, panchine giganti, parchi con palme e dinosauri. Non portandovi valori deve apparire con i manufatti. Un tecnico, non certo un artista. L’agricoltura e la selvicoltura sono ormai industrializzate. Anche in questo settore si scava per semplificare i pascoli, le chiamano bonifiche, si priva l’alpeggio della sua morfologia, dei drenaggi, della qualità delle specie floristiche. Chi è oggi il nemico dell’allevatore? Il lupo è la risposta più diretta. Non certo chi semina veleni ovunque, non certo le monoculture. Si sta scovando un ulteriore nemico: il bosco. Questo maledetto insieme vegetale si permette di coprire gli spazi che l’uomo e la sua pigrizia abbandona. E allora si invocano le centrali a biomassa legnosa spacciandole per distributrici di energia pulita, quando come carburante viene usato il prezioso materiale che tiene immaganizzata la CO2, il legno.

La montagna sta scomparendo anche nelle aree ritenute periferiche, quelle povere e dimenticate, causa il progressivo e accelerato spopolamento. La politica costruita nelle grandi città ne ha imposto lo svuotamento di servizi: scolastici, sanitari e assistenziali, trasporto pubblico. Senza la presenza dell’uomo non è vero che la montagna muoia, la natura si riprende quanto le era stato tolto. Di certo il territorio rimane privo di servizi, di manutenzione, i paesaggi vengono omologati e anche un certo tipo di biodiversità scompare. Questo abbandono, l’abbandono della cura giornaliera, il presidio, porta conseguenze anche nelle grandi pianure, danni sempre più ingenti causa la crisi climatica in atto. Si sono silenziate le sentinelle.

Fino a quando investiremo nei grandi eventi ed eviteremo di curare le montagne, cioè gestirle con i tempi della natura, seguirle perché le si conoscono e le si amano, perché le si vivono nella loro essenza, anche cruda, finché non ritroveranno dignità parole come sobrietà, limite, fatica, il destino della montagna rimarrà buio.

Ѐ possibile, anche in tempi brevi, recuperare questi percorsi che ci stanno portando al disastro. La strada ci viene indicata in piena lotta partigiana, nel dicembre 1943, quando alcuni dei combattenti assieme a personalità del CAI elaborarono la Carta di Chivasso. Si trattava di una richiesta forte di autonomia, di autogoverno, di assunzione di responsabilità dirette nel governo del territorio. Non perché si riteneva che in casa propria il comando spettasse a chi la abita, ma perché già allora si intravvedeva l’acuirsi di una spoliazione culturale della montagna. Vedevano lontano i nostri partigiani. Importante è la Carta della val Maira, giugno 2018 sul turismo dolce. Possiamo poi dire che il Manifesto di Camaldoli del 2019, elaborato da centinaia di sensibilità fra loro anche diverse, abbia riportato e aggiornato i contenuti di Chivasso. Sta a noi ora non farci sconfiggere in modo irreversibile: passando dalle Carte ai fatti, cioè alla politica. Iniziando dalle sciagurate olimpiadi invernali Milano Cortina 2026. Informando su quanto sta avvenendo.

Non sono un evento a costo zero come ci viene propinato: ad oggi si sono superati abbondantemente i 4 miliardi di previsione di spesa, tutti a carico dello Stato o delle Regioni – Provincie;

Non sono sostenibili: nessuna indicazione del dossier di candidatura è stato attuato. L’Italia doveva essere il progetto pilota dell’applicazione dell’Agenda olimpica del CIO 2020. Abbiamo fallito, in modo irrecuperabile. Non si è fatta la VAS, non si fanno le VIA per le singole opere, nemmeno le Vinca in aree di Rete Natura 2000, si scavalcano le Soprintendenze, si forzano i pareri degli uffici tecnici. Vince l’Italia delle deroghe;

Non sono partecipate e condivise: con grande cura la Fondazione Milano – Cortina 2026 e la consorella Infrastrutture Milano – Cortina 2026 hanno commissariato tutte le opere: sportive, stradali, ferroviarie. Il cittadino è stato cancellato dagli steakholder, come pure le associazioni ambientaliste, chiamate a fare presenza in sterili incontri per lucidare i documenti della Fondazione Milano – Cortina 2026, perché quest’ultima impressioni favorevolmente un miope Thomas Bach.

Oltre alla sconfitta della trasparenza le Olimpiadi di Milano – Cortina 2026, avendo cancellato dal loro programma operativo l’Agenda 2020 del CIO, rappresentano anche il fallimento dello sport italiano e della nostra politica: di tutte le parti politiche. In quanto ad oggi o hanno sostenuto apertamente ogni follia proposta dai territori, o hanno mantenuto un colpevole silenzio.

Su alcuni obiettivi possiamo ancora recuperare. Agendo subito. I tre collegamenti sciistici di Cortina, il piano Gasser in Valtellina, determinate circonvallazioni come la bretellina a Bormio e in Sudtirol (non tutte, alcune sono utili), il villaggio olimpico di Cortina, la pista di bob a Cortina e la pista di pattinaggio a Baselga di Pinè sono opere che si possono eliminare. Alcune, i collegamenti specialmente, sono inutili, un foraggio appetitoso donato al mondo degli impiantisti e alle loro ruspe. Da oggi in poi dobbiamo alzare la voce, agire sui territori, ritornare a fare politica in montagna, per la montagna.

Non ci servono le olimpiadi delle medaglie d’oro. Mettiamo insieme le tante buone pratiche diffuse ormai ovunque sulle montagne italiane e trasformiamole in programma d’azione politico. Ritengo anche sia necessario, urgente, come sta avvenendo qui, oggi, costruire una grande alleanza operativa, politica fra cittadini e abitanti della montagna. Dentro questa grande contenitore di umanità, sempre lette le popolazioni al plurale, trasferire dall’alto in basso e viceversa culture e sensibilità. Ritornare a studiare le alte quote. Ritornare a viverle con maggiore semplicità. Attendiamo che Malagò e soci diventino realisti e provino a recuperare gli errori fino a qui consolidati. La montagna non lotta per conquistare la medaglia d’oro. Già la possiede, senza bisogno dell’uomo. Nonostante l’incessante lavoro degli scavatori sempre più potenti dei costruttori di autostrade, di collegamenti privi di futuro, di alberghi di gran lusso spacciati per green. Destinati anche questi in tempi brevi a trasformarsi in ruderi abbandonati. Come le opere di Torino 2006, come i trampolini e la pista di bob di Cortina 1956, come troppe stazioni sciistiche che già quest’anno hanno deciso di non riaprire.

Chiudo con un breve conto. La pista di bob di Cortina (sette atleti attivi in Italia, dato 2020) costerà 102 milioni di euro. Ebbene, la Regione Veneto con questa cifra potrebbe assumere per 20 anni oltre 200 operai stagionali, dotati di macchinari efficienti e con la dovuta formazione, per curare i boschi devastati dalla tempesta Vaia e dai successivi attacchi di parassiti. Oppure risolvere per 60 anni i problemi della casa di cura di riabilitazione a Misurina, luogo tanto caro a Mauro Corona. Sono solo tracce di esempi su come intervenire in montagna.

Luigi Casanova

Dal convegno GIOCHI PERICOLOSI – MILANO 19/11/022 – UNIVERSITÀ STATALE, organizzato da OffTopic

 

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