Bressa: «Risorse per le Province nella Finanziaria» e i dubbi di D’Incà

Dal Corriere delle Alpi del 28 luglio 2017

Sottosegretario scettico sulla proposta per l’elettività «La Delrio prevede una specificità per i tre enti montani»

Bressa: «Risorse per le Province nella Finanziaria» e i dubbi di D’Incà

BELLUNO La prima reazione è: «Fantasie». Poi però, da politico di lungo corso, parte un ragionamento molto più articolato che comunque arriva più o meno alla stessa conclusione: «Decisione sbagliata». Gianclaudio Bressa, sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei Ministri per gli Affari regionali, nelle ultime settimane è stato tra Alto Adige e Roma.

Lontano dalle vicende bellunesi e dalla proposta di legge che la Regione intende presentare per far tornare la Provincia di Belluno alle elezioni, con un presidente e un consiglio eletti dai cittadini. «La riforma Delrio ha dato una nuova veste alle Province ed in particolare alle tre Province montane, alle quali viene riconosciuta una importanza territoriale, sganciata da un ruolo politico. Mettere mano alla legge Delrio (ovviamente si può fare, come tutte le leggi ordinarie) significa riportare in primo piano la visione politica, non quella della specificità territoriale.

A questo punto, Belluno (come Sondrio e Verbania, le altre due province totalmente montane) torna sullo stesso livello di tutte le altre, senza alcuna specificità legata appunto al territorio disagiato. È davvero conveniente questo per Belluno?». Lei è quindi contrario al progetto di legge illustrato nei giorni scorsi da Bottacin e che andrà al voto del consiglio regionale?«Ribadisco, la legge Delrio è una legge ordinaria, le possibilità di modificarla sono ovviamente lecite, ma io penso sia un errore, io mi guarderei bene dal mettere in discussione un impianto che non è sfavorevole per Belluno.

L’aver indicato Belluno, Verbania e Sondrio come province montane speciali è una opportunità che i sindaci che reggono l’ente avrebbero dovuto cercare di cogliere. È una occasione per i sindaci stessi di essere protagonisti del destino del loro territorio, la possibilità di portare avanti interessi territoriali e non politici.

La particolarità è data dal territorio montano, non dalla politica. Altrimenti Belluno vale Benevento. Mi sembra poco saggio modificare una legge così strutturata». In questo momento i sindaci bellunesi sono tutto meno che uniti, a pochi giorni dall’elezione del prossimo presidente della Provincia. «Devo dire che questo mi dispiace molto. La discussione attorno alla elezione del nuovo presidente non dovrebbe coinvolgere l’assetto della legge Delrio.

Ovviamente capisco chi ritiene che debbano essere i cittadini ad eleggere chi li governa: ma questo comunque accade con i sindaci e i consiglieri comunali che votano il presidente della Provincia. Il problema è l’accordo tra i sindci. Che a quanto pare a Belluno proprio non c’è. Ma questa è una partita diversa».

C’è il nodo, fortissimo, delle risorse finanziarie. La Provincia arranca (anche le altre, a dire il vero). La Regione dice, lo ha fatto Bottacin anche ieri sul nostro giornale, di aver già dato, e che ora tocca allo Stato. «Da tre anni mi batto perché tornino alle Province le risorse necessarie per le loro funzioni, penso alle scuole e alle strade. La legge di stabilità è ancora in discussione ma mi auguro che finalmente si passi da una fase di transizione, in cui si è sempre intervenuto a posteriori, a dare le risorse fin da subito. Ora non c’è più l’alibi (anche dentro il Governo) della sparizione delle Province, che sono presenti nel panorama istituzionale. Ma non direi che la Regione ha già dato tutto quello che poteva. Questo proprio no».

Marcella Corrà

 

dubbi del parlamentare

D’Incà: «Basterà per vincere la sfida dello spopolamento?»

BELLUNO L’elettività della Provincia di Belluno salverà il territorio dalla crisi demografica? Lo chiede il deputato bellunese del Movimento 5 Stelle, Federico D’Incà. «Mi auguro che non sia il solito teatrino della politica in vista delle elezioni da parte della Lega – avverte il parlamentare – e che si voglia invece aprire un ragionamento su tutte quelle aree interne in forte difficoltà demografica, come le altre zone alpine e dell’Appennino, e quelle colpite dal terremoto».

D’Incà, pur confermando la necessità assoluta di un superamento della legge Delrio, ribadisce come con queste prospettive un Parlamento composto da 945 parlamentari eletti in tutte le provincie d’Italia non possa validare il ritorno all’elettività di una sola Provincia.

Ma la vera domanda, secondo il parlamentare M5S, è se il ritorno all’elettività della Provincia permetterà al territorio di vincere la sfida demografica e quindi non vedere morire cultura e tradizioni bellunesi. «In questo momento siamo tra le provincie con il tasso di disoccupazione più basso in Italia – ricorda D’Incà – con un capoluogo tra i primi nelle classifiche della qualità della vita. Abbiamo una delle aziende italiane più importanti come Luxottica e abbiamo potenzialità incredibili di turismo della montagna con le Dolomiti patrimonio Unesco.

Per non parlare della risorsa abbondante ed unica al mondo rappresentata dall’acqua». Le domande a cui tutte le istituzioni devono cercare risposta sono queste: perché i nostri giovani se ne vanno, perché non vi sono nuove famiglie che vengono a vivere a Belluno, e perché è difficile trovare nuovi albergatori che investano nelle Dolomiti bellunesi? «La risposta è perché manca la provincia elettiva? – chiede D’Incà – Forse sì, ma soltanto se avessimo un’autonomia speciale come quella dell’Alto Adige degli anni 80 e 90 con un investimento di denaro pubblico fuori da ogni limite e normalità. Cosa irripetibile».

Questo è il momento in cui il territorio deve dare un segno di maturità ed in tutte le istituzioni. «Abbiamo bisogno di segnali forti: uno dei primi è la volontà di fondere i nostri piccoli Comuni, oltre 60 sindaci per 200.000 persone non hanno la capacità di fare scelte sul territorio condivise e rapide». Meno “campanili”, quindi. Ma più forti e più alti. «E con più campane – avverte D’Incà – che si sentano da lontano. Chi suona queste campane deve avere mano forte e preparata.

Chi si prepara a diventare cittadino nelle istituzione deve avere visione, slancio passionale e una preparazione su cui la nostra comunità si deve impegnare». «Abbiamo bisogno di programmi comuni su cui lavorare nei prossimi 20 anni con temi come il calo demografico, la situazione critica dei nostri acquedotti, il turismo, l’innovazione tecnologica, l’agricoltura e i trasporti. Non vorrei che ci nascondessimo dietro il bisogno di Ente elettivo per ritardare ancora una volta decisioni frutto di prese di posizione mature e responsabili, che con o senza provincia elettiva si possono prendere anche oggi.

Rischiamo di avere un contenitore, la Provincia, senza contenuto».