Chi sono oggi i veri montanari
Pubblicato on 17/Ago/2020 in Comunicati, NewsTrentino – 29 luglio 2020
Chi sono oggi i veri montanari
di Luigi Casanova, Presidente onorario di Mountain Wilderness Italia
Quanto è deprimente leggere i ripetuti, anche offensivi stereotipi rivolti agli ambientalisti che si interessano delle sorti della montagna. Il partito del NO, e ancora, ambientalisti di città. A detta di troppi sembra che un cittadino (abitante in città) non abbia il diritto di esprimersi su quanto sta accadendo sulla montagna italiana; la catena appenninica abbandonata e le Alpi ipersfruttate e in troppe realtà demolite.
La Costituzione italiana affida a tutti i suoi cittadini (e UNESCO, nel caso Dolomiti, alla comunità internazionale) la difesa del paesaggio (art.9) e il diritto di partecipazione alle scelte sociali, (art.118).
Invece si continua a irridere chi si espone, a nascondere le motivazioni che portano gli ambientalisti che vivono nelle nostre vallate a una certa timidezza, a volte un silenzio opprimente. Hanno mai provato questi signori, nel profilo sociale ed economico, cosa significhi in una valle alpina essere ambientalista? Sicuramente no. Invece si mitizza il presunto “montanaro” definito tale solo perché ha la ventura di vivere in montagna. Non lo fa solo Marco Zulberti, in questo cammino è accompagnato dalla aggressività e grettezza delle associazioni imprenditoriali e da antropologi.
Quello che è strano è che nessuno più si chieda, o approfondisca, chi è il montanaro oggi. Non generalizzo, ma non sarà per caso identificato nell’albergatore tipo che poco conosce perfino delle cime delle montagne che lo circondano? O che mai ha preso in mano una accetta, o un piccone per aiutare i volontari della SAT o dei cacciatori nella cura della sentieristica? O non sarà mica l’allevatore, industrializzato, che ormai nemmeno più scende dal trattore per impedire al bosco di avanzare sugli spazi aperti o per una manutenzione spicciola delle canalette di drenaggio della viabilità in alta quota?
Sta accadendo che chi si lamenta dell’avanzare del bosco rimane spettatore passivo o illustra questa “disgrazia” solo usando carta e penna invece di proporre ai proprietari dei pascoli e dei prati una cura più incisiva e qualitativa del loro territorio. Oppure montanari sono quegli amministratori, di montagna, che ad ogni legislatura approvano varianti ai Piani regolatori per accontentare qualche loro elettore o sostenitore economico, in assenza di una qualunque visione urbanistica di qualità?
E’ importante oggi definire cosa si intenda per montanaro: probabilmente molti cittadini hanno più a cuore la montagna di tanti residenti. Un altro aspetto riguarda la complessità, o illeggibilità della normativa delle leggi nazionali e provinciali. Tali leggi non le hanno approvate gli ambientalisti non avendo mai governato il Bel Paese.
Invece, se certo mondo intellettuale qualche volta frequentasse le assise ambientaliste, si accorgerebbe che accanto a dei forti NO hanno una visione di società alternativa e illustrano, anche in complessi documenti, le loro proposte. In materia di foreste come dei pascoli, in materia di mobilità sostenendo non solo il potenziamento delle linee ferroviarie, in materia di turismo realmente sostenibile, non certo il turismo della sosteniblablabla della Fondazione Dolomiti UNESCO. Ma specialmente la storia dell’ambientalismo trentino e nazionale è sempre stata capace di individuare complesse sinergie fra le diverse economie, turismo, agricoltura, cultura, storia, identità, forestazione. Non ci scandalizziamo per l’allargamento di una mulattiera o il taglio di qualche albero: ci scandalizziamo quando sappiamo cosa comporti nel breve periodo quel potenziamento viario o cosa comporti, con successiva antropizzazione la costruzione di una nuova funivia o con quanta superficialità si vada a incidere sul patrimonio forestale.
Si è perduto il profilo del limite che la montagna, fino a qualche decennio fa, imponeva a chi la abitava con il cuore e la viveva con le mani nella terra. Non entro nel merito delle nostre proposte: saranno pubbliche fra pochi mesi grazie a un libro che riprende diversi impegni collettivi dell’ambientalismo nazionale e dolomitico. Certo, l’accelerazione dello spopolamento di troppe aree di montagna è dovuto anche alle scelte della politica, sia questa di destra o sinistra: privare le nostre vallate di servizi sanitari, formativi e scolastici, del trasporto pubblico, del sostegno alla innovazione. Auspicavo che dopo Vaia, ma specialmente nel dopo COVID, vi fosse una inversione di tendenza su questi temi. Mentre l’Europa finalmente dà un calcio alle politiche dell’austerità, il nostro paese si sta organizzando per investire ancora su grandi opere, o viarie, o speculative. Probabilmente, una politica opposta, certamente complessa da definire e da rendere condivisa e partecipata, capace di offrire risposte alla cura della montagna, o come sostiene nelle conclusioni Zulberti in investimenti più umili riporterebbe fiducia in tanti operatori delle alte quote, allevatori, boscaioli, giovani. Probabilmente arrivando ad invertire l’attuale tendenza allo spopolamento.Forse passa sotto silenzio, ma i cambiamenti climatici in atto, potrebbero trasformare la montagna da luogo periferico a luogo centrale dello sviluppo e del vivere con qualità. Ovviamente sarà compito nostro, di tutti, evitare che le montagne si trasformino in una protesi delle città.