Dialogo di un folletto e di uno gnomo

Dialogo di un folletto e di uno gnomo

L’idea di una terra postuma e priva di essere umani non è davvero originale.
Nel 1824 Giacomo Leopardi l’aveva immaginata nel Dialogo di un folletto e di uno gnomo.
Lo gnomo è in avanscoperta per verificare il motivo della strana inazione degli umani, che da tempo non saccheggiano e non mercanteggiano. Il folletto gli comunica che “gli uomini sono tutti morti, e la razza è perduta”, e che dunque “non si trova più regni né imperi che vadano gonfiando e scoppiando come le bolle, perché sono tutti sfumati: non si fanno guerre, e tutti gli anni si assomigliano l’uno all’altro come uovo a uovo”. Eppure la natura ha ripreso il suo corso: “il sole si è levato o caricato, fa caldo e freddo, qua e là è piovuto o nevicato o ha tirato vento”.

Che cosa sarà mai successo? Si sono estinti da soli, spiega il folletto, “parte guerreggiando tra loro, parte navigando, parte mangiandosi l’un l’altro, parte ammazzandosi non pochi di propria mano, parte infracidando nell’ozio, parte stillandosi il cervello sui libri, parte gozzovigliando, e disordinando in mille cose; in fine studiando tutte le vie di far contro la propria natura e di capitar male”. Deve esserci voluto dell’impegno, per finire proprio tutti, commenta lo gnomo, Così il folletto precisa che di per sé la scomparsa di una specie non è una stranezza (“varie qualità di bestie si trovarono anticamente che oggi non si trovano”), semmai la bizzarria è che questa volta una specie abbia usato “tanti artifizi” per mandarsi da sola alla malora.

Il commento di Leopardi, in bocca allo gnomo, è perfido: “Ben avrei caro che uno o due di quella ciurmaglia risuscitasse, e sapere quello che penserebbe vedendo che le altre cose, benché sia dileguato il genere umano, ancora durano e procedono come prima, dove essi credevano che tutto il mondo fosse fatto e mantenuto per loro soli”. L’umanità non è indispensabile, conclude il poeta, e quando essa non ci sarà più le stesse e i pianeti non smetteranno per questo di tramontare; “la terra non sente che le manchi nulla, e i fiumi non sono stanchi di correre, e il mare, ancorché non abbia più da servire alla navigazione e al traffico, non si vede che si asciughi”

Tratto da La Terra dopo di noi, Telmo Pievani, Contrasto, Roberto Koch editore

 

Testo completo, del Dialogo, dalle Operette Morali di G. Leopardi