Due opposte visioni dell’offerta turistica del Bellunese, lettere

Dal Corriere delle Alpi del 2 agosto 2017, lettere

TURISMO / 1

Chi ama la montagna non cerca hotel di lusso.  Faccio riferimento all’articolo riguardante la presunta inadeguatezza delle strutture ricettive della provincia di Belluno. Sono un cittadino nel senso che vivo normalmente in una città e precisamente a Venezia, città come noto molto turistica. Nel contempo, usufruendo da molti anni di un piccolo ma lungimirante acquisto immobiliare fatto in una sperduta contrada a Rocca Pietore, mi sento vicino alla comunità bellunese, alle loro speranze e alle loro ambizioni di competere nei complessi flussi di vacanzieri, oramai oggetto di contesa e di interesse economico a livello internazionale.

In linea di principio potrebbe essere condivisibile la tesi secondo la quale il successo turistico di una determinata località sia direttamente proporzionale alla qualità delle strutture. Per dare significato e un seguito a una tale affermazione a mio parere bisogna prima considerare alcuni importanti fattori: l’interesse della collettività verso questo tipo di investimenti; le risorse disponibili; l’effettivo mercato disponibile a usufruire di questa innovazione; Dolomiti Unesco.

Parto dall’ultima, ciò che ha messo in campo la nomina citata è travolgente, mai come in questo inizio d’estate una quantità di turisti nordeuropei danesi finlandesi inglesi e francesi estasiati dalle cime del Pramper e dagli altri luoghi delle amate Dolomiti Bellunesi si è riversata sui nostri sentieri, per osservare le bellezze alle quali, fortunati noi, siamo abituati. Questi signori, per rispondere sempre dal basso al secondo punto, non cercano le saune e le spa negli alberghi di lusso e nemmeno i cuochi stellati nei ristorantini alla moda, cercano l’ambiente naturale le tradizioni le culture secolari di sacrificio e di fatiche di popolazioni semplici che, abitando questi luoghi, ne hanno plasmato i contorni ed i contenuti.

Altri siti alpini non sanno e non possono più dare questo, travolti da facili investimenti per insane scelte tecnologiche ad alta quota, da rifugi dorati e dotati di self service esattamente come alla mensa della multinazionale milanese dove lavoriamo e infine dai non ultimi e improbabili reimpianti di fauna selvatica che con difficoltà riusciranno a vivere in armonia in ambienti tanto antropizzati.

Risalendo l’elenco trovo anche una certa difficoltà nel reperimento delle eventuali ingentissime risorse anche in considerazione della storica mancanza di contribuzioni straordinarie e nella centralità sociale di un tale intervento, la provincia per fortuna non vive di solo turismo.

So bene cosa significa abitare in un tale e falsificato contesto dove tutto è business giorno e notte e le realtà urbane diventano solo dettagli di una improbabile Disneyland. Per invertire l’inevitabile dissanguamento di risorse umane basterebbe invece una semplice defiscalizzazione per le attività marginali e nessuno se ne andrebbe più. Concludo che se anche si dovesse trovare qualche bicchiere fuori moda o cameriere d’altri tempi sarà solo l’espressione genuina di un ambiente ancora vero e naturale. Claudio Vianello

TURISMO / 2

Quante differenze tra noi e gli altoatesinin. Come non concordare su quanto riportato nell’articolo sulla crisi del turismo bellunese. Sono orgogliosamente bellunese e il mio dolore è immenso quando, guardandomi intorno, vedo le montagne più belle del mondo e poi guardandomi invece in giro vedo le strutture più obsolete del mondo. Ok esagero, ma ho provato sulla mia pelle con esperienze personali cosa vuol dire turismo. Direi che qui non ci siamo proprio!

Bolzano, Merano, in Pusteria, Val Gardena, Trentino è tutto un altro mondo, dal punto di vista dell’accoglienza del turista sono avanti anni luce rispetto al Bellunese. Sanno veramente cosa vuol dire far sentire il cliente a proprio agio. Qui da noi sanno veramente cosa vuol dire far scappare il cliente. Un esempio: in una nostra valle mi è capitato di dover dormire una notte in albergo considerato il più bello della zona, spendendo 140 euro per una notte in una camera con la moquette ancora piena del fumo di quando si poteva fumare, doccia della dimensione giusta per un nano, letti sfondati e, dulcis in fundo, una prima colazione fatta di scatolette di confetture e brioche confezionate.

La domanda sorge spontanea: perché io turista dovrei tornare in un posto così? Wweekend a Merano, accoglienza perfetta, camera superiore allo stesso prezzo della prima volta, utilizzo della piscina tutto il giorno (e anche quello successivo), accappatoio, ripostiglio e quant’altro. Le camere stupende, con doccia matrimoniale, cucina di altissimo livello e cantina fornitissima. Totale della spesa: 120 euro a notte.Dove sono ritornato secondo voi, qui nelle nostre valli o a Merano? Meditate albergatori. Lettera firmata