Il Porto di Venezia frena sull’off-shore
Pubblicato on 11/Mar/2017 in NewsDal Corriere delle Alpi del 10 marzo 2017 –
Il neo presidente dell’Autorità Musolino abbandona la linea Costa: «Si può fare a moduli, vedremo»
Il Porto di Venezia frena sull’off-shore
VENEZIA Sull’off-shore si mostra molto prudente. «Si potrà realizzare a moduli, vedremo. Unica cosa certa è che l’area Montesyndial va dedicata ai container e alle merci. Quella è stata una grande intuizione del mio predecessore». Sulle grandi navi chiude la porta al progetto Duferco-De Piccoli del nuovo avamporto al Lido, frena sui nuovi scavi e apre a Marghera: «I progetti pubblici li deve proporre lo Stato, la Via è solo una condizione necessaria ma non sufficiente».
Eccolo Pino Musolino. Veneziano della Giudecca, 39 anni, chiamato dopo un colloquio via Skype dal ministro Delrio a governare il porto veneziano. Si presenta nella sede di San Basilio in completo viola, con la moglie e il figlioletto Leone. Da due giorni è il nuovo presidente di quello che ora viene definito “Sistema portuale dell’Adriatico settentrionale”, con i porti di Venezia, Chioggia e Porto Levante. La sua nomina è stata preceduta da attestazioni di stima. Ma anche da qualche polemica. Per la prima volta a governare lo scalo veneziano arriva un manager che se n’era andato dall’Italia dieci anni fa e ha lavorato nei porti di Anversa e Singapore come agente assicurativo marittimo. Sente su di sé l’eredità pesante di Paolo Costa, figura iperattiva arrivato ai vertici del Porto dopo aver fatto il sindaco, il ministro dei Trasporti, il parlamentare europeo. E sgombra subito il campo: «I miei azionisti di riferimento sono i cittadini veneziani», dice, «le polemiche non servono a nulla. Incontrerò presto i rappresentanti delle istituzioni. Intendo avviare un sistema di ascolto e di concertazione». Dice di non volere polemiche. Ma ci tiene a sottolineare il suo essere diverso rispetto al prima. «Il governo ha capito l’importanza economica dei porti», di
ce, «e con la riforma ha inteso dare a questi organismi un piglio manageriale». Tre componenti del comitato di gestione nominati da Comune, Regione e Autorità marittima. Un segretario generale e una struttura snella, addio ai 40 componenti del vecchio comitato portuale. «Non sarà più un cimitero degli elefanti per politici che non sanno cosa fare», attacca, «ma luogo riservato a chi ha un curriculum adeguato».
Primo atto, una lettera scritta al presidente del Veneto Luca Zaia, al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, all’ammiraglio Goffredo Bon, comandante della Capitaneria di porto. Per sollecitare l’indicazione del loro rappresentante nel nuovo board, che dovrà essere indicato entro 30 giorni. Sarà poi il comitato di gestione, entro la fine di aprile, a nominare il nuovo Segretario – «Ho in mente qualche nome, sarà un veneziano», si limita a dire Musolino – su proposta del presidente. Prima domanda per il nuovo presidente: come pensa di ridurre il gap fra porto e città, e la conflittualità che spesso torna a galla? «Dialogando», sorride Musolino, «per la storia di Venezia è inconcepibile che la città abbia un rapporto conflittuale con il suo porto. Il porto è nuovo lavoro legato all’immateriale, unica vera alternativa alla monocultura del turismo. Occasione di ricchezza che dobbiamo sfruttare». Sull’off-shore Musolino non fa polemiche. Aveva criticato all’indomani della firma del contratto per la progettazione (tre milioni e 800 mila euro) le modalità dell’iniziativa, a presidente Costa scaduto. «Adesso abbiamo un impegno contrattuale, vedremo», dice. E aggiunge: «La Legge speciale impone da 33 anni di portare fuori il petrolio dalla laguna. Ma per quello può bastare un oleodotto, come in tutto il resto del mondo.
Quanto alla piattaforma, è fatta di moduli, ci dovremo pensare bene. Una cosa è certa: le aree dei container non si toccano, quella parte del progetto deve andare avanti. Sul resto bisogna anche studiare le obiezioni avanzate nel parere del Consiglio superiore dei Lavori pubblici». Trieste. «Non esiste alcuna polemica con il porto di Trieste», continua, «chi lo dice non sa di cosa parla. Abbiamo traffici distinti, mercati distinti. Se dobbiamo guardarci da qualche concorrente, quello è Koper in Istria. Lo scorso anno è cresciuto del 43,35%, noi soltanto del 32,17. A Koper nel 2016 hanno movimentato 844 mila Teu, a Venezia 600 mila.
Da qui dobbiamo ripartire, facendo sistema. E ricordandoci che le merci le portano gli operatori, non le leggi. Dobbiamo fare massa critica per attirare traffici e investimenti. Dai porti può dipendere lo sviluppo dell’intero Paese». (a.v.)