Il treno in val d’Ansiei un’idea nata 98 anni fa

Dal Corriere delle Alpi del 19 agosto 2017

Nel 1919 l’Autorità Militare presentò un primo progetto

Il treno in val d’Ansiei un’idea nata 98 anni fa

di Walter Musizza

AURONZO Ben prima che la ferrovia arrivasse a Perarolo, per la precisione nel 1904, si era già pensato a una linea ferroviaria fino alla confluenza dell’Ansiei nel Piave, ovvero a Cima Gogna, proprio là dove sorgeva uno dei più bei boschi della Comunità cadorina, a due passi dai prati sui quali la regina Margherita aveva consumato col suo fastoso seguito, nel 1881 e 1882, proverbiali ed invidiati “dejeneurs”, con grissini torinesi e vini di Borgogna. Per questo tronco di 12 km che, partito da Calalzo, avrebbe toccato Vallesella, Domegge, Lozzo, Pelos e infine Cima Gogna, la Società Veneta di costruzioni aveva steso un primo progetto, che l’inizio del primo conflitto mondiale costrinse però a mettere da parte.

Dopo il 1918 le stesse esigenze riemersero puntualmente, proprio per favorire il commercio del legname e lo stesso decollo del “tourismo” dolomitico. Fu così che nel 1919 l’Autorità miiltare presentò un nuovo progetto, opera di Gaetano Ciocca (1882-1966), ingegnere ed intellettuale, ma pure polemista e inventore, uno dei personaggi più interessanti e purtroppo dimenticati della cultura italiana del Novecento. Dopo aver lavorato alla Fiat dal 1909, stendendo il progetto di una fabbrica sperimentale per conto dell’azienda torinese in Unione Sovietica, aveva inventato pure la cosiddetta “strada guidata”, che proponeva il trasporto di persone e merci tramite trazione meccanica su un binario in cemento.

Badoglio “sponsorizzò” subito il progetto di Cima Gogna e lo difese a spada tratta nel 1920, ma non fu presa alcuna decisione risolutiva della questione. Per singolare paradosso, l’opera sembrava avere speranza di fattibilità solo dilatando aspettative e ambizioni ben oltre Auronzo. Puntando infatti verso Dobbiaco si poteva ipotizzare una linea internazionale che, con un traforo delle Alpi Aurine, riduceva di 150 km il percorso via Brennero fra l’Italia e il Centro Europa. Così nel 1928 fu pubblicato a Belluno un rapporto dell’ingegner Corte sulla fattibilità del tronco ferroviario Calalzo-Gogna, da inserire nel più vasto contesto della direttissima Venezia-Monaco.

La Commissione Reale, presieduta da Silvetti, prevedeva che l’opera sarebbe venuta a costare 18 milioni di lire, con una partecipazione di 6 milioni in Titoli di rendita dello Stato da parte degli enti locali interessati. I contributi stanziati da questi ultimi, con deliberazioni già prese, risultavano così suddivisi: Provincia di Belluno L. 300.000; Magnifica Comunità L. 500.000; Auronzo L. 1. 300.000; Comelico Superiore L. 500.000; Danta L. 175.000; Domegge L. 250.000; Lorenzago L. 400.000; Lozzo L. 250.000; Sappada L. 400.000; San Nicolò L. 175.000; San Pietro L. 450.000; Santo Stefano L. 800.000; Vigo L. 500.000.La relazione insisteva soprattutto sull’opportunità di non rimandare «l’inizio del razionale sfruttamento delle ricchezze della regione con una avvilente e colpevole inerzia», sottolineando i benefici influssi di tale tronco ferroviario sul turismo, sullo sfruttamento boschivo, sulle costruzioni idrauliche, sull’emigrazione, sulla strategia militare, sull’estrazione mineraria.

Oggi può far sorridere il ricordo della pirite e della galena di Pian de Barco, delle fabbriche di sapone e di olio di mugo di Auronzo o della stazione idrominerale di Gogna stessa. Come del resto ha tutto il sapore del tempo delle favole pure l’intraprendenza compatta e volitiva di tutti i cadorini nell’inseguimento di un sogno comune, condividendo rischi e responsabilità. Non se ne fece nulla e da allora molta acqua è passata, non solo sotto i ponti del Piave e dell’Ansiei. Oggi però la ferrovia all’ombra delle Tre Cime torna d’attualità e un presupposto per raggiungere l’obiettivo sarà una nuova “sacra alleanza” tra Auronzo, l’Oltrepiave, il Comelico e il Centro Cadore.

Sarebbe interessante vedere se le disponibilità di investimento per ogni comune rimarrebebro le stesse di 98 anni fa. In percentuale, ovviamente, e in milioni di euro, non di lire.

Walter Musizza