La Regione non può decidere per la A27

Dal Corriere delle Alpi del 10 maggio 2016, Lettere al Direttore

Troppe le problematiche politiche, economiche e sociali

Puntualmente, come un fiume carsico che appare e scompare, torna il problema dell’autostrada Venezia – Monaco. L’europarlamentare Remo Sernagiotto ci informa come, nel caso la A 27 dovesse essere completata, il Veneto beneficerebbe di un giro d’affari da 400 milioni di euro l’anno. Una miniera d’oro anche per la Provincia di Belluno. A Sernagiotto si affianca il governatore Luca Zaia che ci ricorda come l’autostrada fino a Monaco resti una realtà per la sua Amministrazione, pur in presenza di notevoli ostacoli. Supportando le sue ipotesi con il fatto che rispetto al tracciato complessivo Venezia – Monaco, quello Belluno – Monaco è di 213 chilometri. Cambia il mondo. Come dire, l’impatto ambientale non è nostro. Affermazioni impegnative che non provengono dalle chiacchere dei bar di Conegliano o Pieve di Cadore, ma da autorevoli politici nazionali.

Io sono convinto che del prolungamento autostradale della A 27 si possa discutere a bocce ferme e con una nuova classe politica veneta. Non con quella attuale. Cosa intendo dire?

Molto semplicemente, questo non è il momento politico, economico e sociale per fare macroscopici investimenti in infrastrutture autostradali. Abbiamo una classe politica convulsa ed in crisi di identità, con fusioni tra Comuni, condivisione con fatica di servizi associati, soppressione di Provincie, discussione e polemiche sulle aree metropolitane, richieste di autonomie regionali, referendum che da un lato dividono, dall’altro unificano, Ipa (Intesa Programmatica d’area) di Treviso e Dolomiti Venete da definire quanto a contenuti e competenze. Come evitare un futuro palleggio di competenze e responsabilità all’interno di strutture decisionali sul territorio che potrebbero cambiare da un anno ad un altro?

Registriamo poi un quadro economico regionale incerto (Banche del Veneto che hanno bruciato 9 miliardi di euro dei risparmiatori ed hanno sofferenze per 18 miliardi, crisi dell’edilizia, il 30% dei capannoni sfitti, intere aree industriali da riconvertire, disoccupazione e calo dei consumi, un’imprenditoria di 115mila aziende, operative in 156 Comuni tra Treviso e Belluno, che devono trovare guida e impulso sotto una riunificata Camera di Commercio nata da pochi giorni ). Difficile credere che per un’economia che arranca serva una così imponente struttura viaria. Ancora, un quadro legale altamente problematico (troppe leggi, nel solo Veneto oltre 22 mila), giustizia lenta che di fatto condiziona gli investimenti esteri, burocrazia, rischio di prescrizioni, corruzione). Un quadro sociale caratterizzato da comportamenti imprevedibili (dovuti alla paura per l’arrivo di immigrati, costi per la sicurezza, astensionismo e disaffezione per la politica, incapacità di indignarsi). Infine, la sommatoria tra le tre problematiche politiche, economiche e sociali che alimentano l’inefficienza della Pubblica Amministrazione, gli sprechi, l’evasione ed elusione fiscale, l’accettazione passiva dell’arbitrio, la prevalenza della raccomandazione sul merito.

Ed il Veneto, cuore decisionale per l’autostrada A 27, è inserito a pieno titolo in questo grande magma di malaffare.
Palazzo Ferro Fini non ha quindi i titoli morali per procedere con un’operazione tanto vasta quanto gravida di richiami affaristici e malavitosi. E per una finalità socio – economica ed anagrafica tutta da documentare (la nuova autostrada farà diminuire le tasse? Creerà occupazione permanente? Gli uffici pubblici funzioneranno meglio? I trasporti saranno migliorati? Riusciremo a chiudere un processo civile in novanta giorni? Le banche erogheranno buono e abbondante credito?). La Provincia di Venezia deve relazionarsi con lo scandalo Mose. Treviso e Belluno hanno cessato di esistere trasformati per la legge Delrio in Enti di secondo grado. Monaco è ostile all’autostrada. Allora, chi mai potrà decidere per il proseguimento della A27? Per non parlare dell’impatto ambientale che questa potrebbe comportare. Solo noi veneti investiamo in autostrade, asfalto, cemento, svincoli e collaterali nuove lottizzazioni. Di Ferrovie neanche a parlarne. Oppure solo per trastullarci con il folkloristico trenino Calalzo – Cortina. Al contrario, in Svizzera si è introdotta una pesante tassazione chilometrica sui transiti dei TIR, si costruiscono tratte ferroviarie nelle periferie tutte dotate di trasporto biciclette, con il 98% di puntualità. Che a partire dal 2016 ammette un ritardo non superiore al minuto, contro i due precedenti. In Sud Tirolo (Alto Adige) funziona la ferrovia della Val Venosta – Merano – Alto Adige progettata per un volume passeggeri pari a due milioni l’anno. Oggi superiamo i 2,6 milioni e dal 2005 le immatricolazioni d’auto in Val Venosta sono diminuite del 30%. In Trentino si è potenziata la ferrovia Trento – Valsugana fino a Bassano. I treni hanno un’età media di 5 anni ed a breve saranno introdotte sei nuove corse Trento – Verona, con passeggeri in aumento esponenziale.

Indubbiamente anche i treni inquinano l’ambiente. Ma una linea ferroviaria occupa una larghezza di 4 metri contro gli 8 minimi di una strada. Ed il servizio su rotaia è flessibile nel senso che lo si può abbinare nel contesto treno – autobus – funivia – bicicletta – taxi – servizi privati.

Ma i nostri vicini di casa non insegnano nulla a Sernagiotto e Zaia. Certo, il giro d’affari da 400 milioni di euro ad autostrada realizzata, potrebbe anche verificarsi. Bisogna però vedere chi passerà per l’incasso. Troppo generico e facile additare le lobbies immobiliari ed i politici che le controllano o si fanno controllare. Sarebbe l’ennesima applicazione della dottrina Craxi del “ tutti colpevoli nessun colpevole”. Più facile individuare chi non beneficerà per nulla da tanto investimento autostradale. Le popolazioni di montagna, i bellissimi paesetti cadorini e del Comelico, la natura e quel prato verdissimo, punteggiato da tanti botton d’oro, che in nome del progresso, dovrà sparire per sempre.

Oscar De Gaspari