Non solo turismo, nuove strategie contro lo spopolamento

Dal Corriere delle Alpi  dell’11 gennaio 2017, lettera di Andrea Pincin

non solo turismo

Nuove strategie contro lo spopolamento

Sono un giovane dottore forestale e ho avuto la fortuna di conoscere e studiare le Dolomiti e le Alpi bellunesi. Ho letto con interesse il vostro dossier relativo all’abbandono della montagna bellunese e vorrei condividere alcune riflessioni.

Spopolamento non significa solo declino demografico. Ricercando il significato profondo di questa parola, ci riallacciamo alla primitiva accezione di “perdita di generazioni” ed è proprio questo il vero dramma, ossia la scomparsa di legami, tradizioni, culture, lingue, esperienze, conoscenze, savoir-faire, identità, costumi. E, con questi, scompare la gestione dei territori e dei paesaggi.

Le Alpi sono etimologicamente le “montagne dei pascoli”, le “montagne che nutrono”: un significato profondo, che trova le sue origini in epoca pre-romana. Le Alpi sono state la cintura di interscambio tra le popolazioni europee, la fonte di nutrimento, di acqua, il serbatoio di biodiversità. Cosa resta oggi di questo glorioso passato? Le trasformazioni moderne della società sono state tante e complesse. Esse hanno investito tutte le sfere: politiche, sociali, culturali, economiche.

Oggi noi viviamo i segni di questi profondi cambiamenti in area montana: il declino demografico, la riduzione dei servizi (sanità, poste, banche, ecc.), la chiusure degli Istituti scolastici periferici, la mancanza di prospettive lavorative. Il sentimento di marginalità ha così permeato e invaso la sacralità delle comunità montane.

La sfida oggi è nel mantenere una cultura dell’incolto, dell’abbandono e del margine oppure nella creazione di nuovi spazi imprenditoriali volti alla valorizzazione dell’ambiente, della società e della cultura, attraverso la reinterpretazione delle tradizioni passate e delle variegate realtà odierne?

Come dottore forestale mi sento però di evidenziare le criticità insite in alcune strategie di sviluppo elaborate per la Provincia di Belluno, in particolare in relazione a tutti quei progetti che vedono il turismo come unico pilastro e unico mercato per tutte le altre attività economiche. Intendiamoci bene: il turismo ha rappresentato (e rappresenta tutt’oggi) un’attività economica di centrale interesse per la sostenibilità delle vallate delle Alpi venete. Gli investimenti, sia pubblici che privati, hanno creato ricchezza e benessere. Ma il turismo non può rappresentare l’unico fondamento dell’economia delle valli.

Usiamo una metafora: se si costruisce una casa su un solo pilastro il rischio di crollo (e quindi di collasso di una società intera) è molto elevato. Se invece la casa è sostenuta da più colonne il rischio sarà molto minore: se una colonna si crepa, le altre sosterranno il peso della casa. Il mercato turistico alpino è generalmente basato su tre snodi: ricezione a valle (alberghi, ristoranti, strutture ricettive, campeggi, servizi, ecc.), trasporto in quota (impiantistica funiviaria, sentieristica agevolata, trasporto su gomma, ecc.) e ricezione a monte (rifugi, malghe, ristoranti in quota, ecc.).

Troppe volte si ritiene che questa sia l’unica filiera con cui si devono interfacciare in chiave subordinata tutte le altre attività, ossia quelle agro-silvo-pastorali, la lavorazione dei prodotti primari, l’artigianato, i servizi. Se però la presenza turistica viene a mancare, questo fattore mette in crisi tutto il sistema delle aziende montane. Se alberghi e ristoranti sono vuoti, far funzionare gli impianti di risalita risulta solo un costo e nullo sarà il ricavo di rifugi e malghe.

A uno sguardo più attento si evidenzia quindi la non sostenibilità di tale sistema in un’ottica di resistenza e resilienza nel lungo periodo. Anche le leggi dell’ecologia ci indicano come la stabilità sia legato alla biodiversità; ben venga allora la “biodiversità” anche nelle produzioni di montagna e nella ricerca di mercati diversi, sorretti dall’elevata qualità e unicità dei prodotti montani e dal loro legame con il territorio, il paesaggio e la cultura locale (es. legno e artigianato, prodotti lattiero-caseari e carnei, mieli, erbe officinali, olii essenziali, frutti di bosco, confetture).

Una volta di più allora richiamiamo la necessità di scelte politiche strategiche per la montagna che si rapportino con la conoscenza del territorio, il confronto con altre realtà montane, la valorizzazione dei paesaggi, la centralità della gestione agro-silvo-pastorale.

Andrea Pincin