Osservazioni di Luigi Casanova (MW) su sentenza TAR Auronzo-Comelico
Pubblicato on 13/Ago/2022 in Comunicati, NewsOsservazioni nel merito della sentenza del TAR sulla dichiarazione di interesse pubblico dell’area alpina.
a cura di Luigi Casanova Presidente onorario di Mountain Wilderness Italia
10 agosto 2022
La sentenza del TAR del Veneto che boccia la dichiarazione di interesse pubblico di una vasta area alpina (420 Kmq) per la conservazione del paesaggio e la tutela del territorio sicuramente viene letta dall’amministrazione regionale e dai comuni interessati come una vittoria contro il centralismo dello Stato.
Risulta invece evidente a chiunque abbia il polso reale della situazione che sul tema dell’ambiente l’unica vittoria possa essere riferita alla sua tutela, o meglio, alla attivazione di politiche conservative, quindi allo sviluppo di lavoro qualificato e manuale teso a migliorare lo stato della situazione, specie laddove l’ambiente è degradato.
Infatti, a differenza dell’uso sperticato del termine vincoli da parte di alcune amministrazioni pubbliche, inesistente nel decreto, sostenere politiche di tutela oggi significa costruire opportunità di lavoro per delle popolazioni che soffrono disagi sempre più diffusi: spopolamento, dequalificazione di servizi essenziali, quindi bisogni prioritari per vivere: scolarità, formazione al lavoro, politiche sanitarie e di assistenza, cura e gestione attenta del bene ambientale.
Il decreto 5.12. 2019 non impone vincoli, ma ha offerto alle comunità locali opportunità. Non mi si venga a dire che il collegamento del Comelico con l’area della Drei Zinnen è una opportunità: venti posti di lavoro se andrà bene, 26 milioni di euro pubblici gettati al vento. Non mi si venga a dire che lo sbocco a Nord di una eventuale super o autostrada verso Lienz è una opportunità. Sicuramente favorirà l’espatrio in Austria e Baviera di turisti italiani, sicuramente porterà inquinamento nelle vallate interessate, l’investimento della mobilità su auto private oggi non è certo innovazione del trasporto, rientra nella solita pianificazione dello sviluppo più aggressivo della montagna italiana, un investimento nel turismo della velocità, del mordi e fuggi.
La sentenza nel dialogo che propone è farraginosa e contraddittoria, potrebbe essere intesa come un’accettazione supina di suggerimenti dell’autorità regionale privando i cittadini di reali garanzie nella difesa dei beni comuni. Gli aspetti ambientali e paesaggistici della dichiarazione vengono sottostimati in favore di una presunta autonomia autodecisionale da parte delle comunità locali.
Non è responsabilità né degli ambientalisti, né del Ministero se la Regione Veneto ad oggi non ha sviluppato alcuna reale politica coerente con lo sviluppo equilibrato dei territori. Un miliardo di euro viene gettato nelle Olimpiadi d’Ampezzo e gli altri territori montani, dai 7 comuni alle Dolomiti rimangono trascurati. Montagna non è solo Cortina. A Venezia se ne sono accorti?
Gli ambientalisti, dove è stato loro reso possibile, si sono pronunciati con una lunga serie di proposte: poco costose e molto incisive. Il loro proporre soffre di un problema: la politica degli ambientalisti per consolidarsi ha bisogno di tempi medio lunghi. La politica del passato, strade, cementi, seconde case e industria dello sci, consumi di suoli pregiati, si realizza in pochi anni, anche se poi la declinazione nel tempo degli effetti sui territori sarà solo negativa. Le politiche dei tempi brevi oggi sono solo illusione di sviluppo.
Mentre questa estate scorre possiamo misurare con sofferenza cosa significhino i cambiamenti climatici in atto sulle montagne (se in pianura l’aumento medio della temperatura è di un grado Celsius in montagna il dato deve essere perlomeno triplicato): tempesta Vaia, eventi climatici estremi sempre più frequenti, la valanga di ghiaccio in Marmolada, la devastazione dei nostri boschi causata dal bostrico, la siccità e crisi idrica della pianura e dei fiumi, tutti. Come non vedere questo scenario, o peggio, perché evitare delle riflessioni profonde, quindi fare scelte diverse dal passato?
Alcuni sindaci del bellunese si stanno accorgendo della drammaticità del periodo. Solo pensando al bostrico stanno valutando la perdita di valore e della produzione delle loro foreste (diffusa su cento anni), l’effetto moltiplicatore di danni da valanghe e dell’erosione dei suoli, i costi di manutenzione del loro territorio.
La somma di quello che sta avvenendo ha portato i politici ad accentuare interventi di emergenza, con commissariamenti o affidandosi ad una sola verità, quella ingegneristica. Non sono più tempi di emergenze, servono politiche di coraggiosa pianificazione del territorio e scelte che invertano da subito la linea del consumo di suoli liberi. La natura, ce lo ripete ogni giorno, è un sistema complesso, ancora poco conosciuto da noi umani: ha bisogno di visioni intersettoriali, ha bisogno di rispetto, di delicatezza, di conservazione: oggi è un dovere per i nostri politici e decisori interpretare e quindi affiancare quanto la natura ci impone attraverso le sue catastrofi (ricerca di nuovi equilibri e quindi stabilità da noi manomessa).
Cosa fare?
Innanzi a tutto è necessaria una grande alleanza dei sindaci delle montagne per andare nel capoluogo regionale (Venezia) e imporre la propria agenda di interventi:
• politiche scolastiche certe, assistenza sanitaria di eccellenza con alcune specialità, rifacimento delle reti idriche, investimento nella filiera del legno collegata all’agricoltura di montagna e al turismo, alla cultura, alla storia identitaria delle diverse località.
• investire nelle aree protette. Il parco come soggetto che diventerà luogo di sperimentazione, innovazione dello sviluppo, della ricerca, luogo di qualità e ricreazione autentica;
• pensando solo al bosco, a quel terribile insetto che distruggerà ogni popolamento di abete rosso fino a quote elevate, 1600- 1700 metri, si tratta di intervenire con rimboschimenti che favoriscano la strutturazione di boschi con più specie, tante latifoglie e specialmente disetanei, si intervenga, con tempi lunghi, nella manutenzione delle piantumazioni, nella manutenzione delle strade forestali e sentieristica: le nostre foreste vanno curate giorno per giorno, evitando ovunque la loro frantumazione in piccole isole che ne acuiscono la fragilità.
E’ questa unitarietà di intervento su vasta area che è sfuggita al TAR nelle sua sentenza. La responsabilità maggiore della miopia è comunque responsabilità dell’ente pubblico regionale. Pensino oggi i sindaci liberati da quella dichiarazione quale responsabilità ricade su di loro nella gestione di territori privati di regole e norme certe: già gli uffici tecnici comunali sono stati depotenziati da interventi legislativi nazionali e regionali. Chi oggi protegge più i nostri sindaci? E’ auspicabile che si ricorra al Consiglio di Stato, anche per offrire a questi amministratori delle certezze minime nella loro azione di governo.
A livello nazionale si abbia presente quanto il TAR ha trascurato: che l’ambiente non può essere frantumato, la biodiversità si accresce solo su spazi ampi. In questa visione stava la lungimiranza del decreto del 5 dicembre 2019, la proposta di una vasta area, fragile, che va tutelata in funzione delle prossime generazioni.
Luigi Casanova