PAS a “Laudato si” Cavarzano 5-11-016, seconda parte

Relazione presentata a “Laudato si-Laudato qui, l’associazionismo bellunese si confronta con l’Enciclica”, Cavarzano, 5 novembre 2016, seconda parte

Il Comitato PERALTRESTRADE Carnia-Cadore si è costituito nel 2007 in continuità con i movimenti che a partire dagli anni ’60 del secolo scorso si sono opposti alla Venezia-Monaco (poi A27), un progetto di collegamento autostradale nato dal desiderio dell’imprenditoria, specialmente Veneta, di collegare il polo industriale dell’Alto Adriatico con la Baviera.

Nonostante le battaglie, anche politiche, nel 1995 l’autostrada arriva a Pian di Vedoia, e nell’impossibilità di proseguire in direzione nord per il veto di Alto Adige e Austria si rivolge ad est, con un progetto ANAS di collegamento all’A23 Palmanova-Tarvisio attraverso il Cadore e la Carnia.

E’ del 2012 un project financing relativo al primo tronco di 20 km fino alle porte di Pieve di Cadore, presentato dalle grandi imprese Ing. Mantovani, Adria Infrastrutture e Grandi Lavori Fincosit. L’iter autorizzativo di questo progetto di finanza si arresta per lo scandalo dei fondi neri legati al Mose e alle grandi opere infrastrutturali del Veneto, con un giro di fatture false che riguardano anche l’A27. Uno scandalo che travolge nomi eccellenti della Regione Veneto. In realtà è tutto il sistema italiano dei project financing ad essere messo sotto accusa, perché le perdite sono quasi sempre a carico del pubblico, mentre i profitti vanno ai privati.

Dopo un periodo di stasi, agli inizi di quest’anno, in concomitanza con la presentazione ufficiale di Eusalp, la Macroregione Alpina, riemerge con prepotenza la richiesta di prolungare l’autostrada in direzione non più Carnia bensì nuovamente Monaco di Baviera. I promotori dell’iniziativa riescono a far approvare tre emendamenti in Commissione Trasporti a Strasburgo; successivamente questi stessi emendamenti vengono bocciati a stragrande maggioranza dal Parlamento Europeo. Viene così rispettato il Protocollo Trasporti della Convenzione delle Alpi, che impegna gli stati membri a non realizzare nuove infrastrutture per il traffico pesante nella catena alpina.

Probabilmente passerà del tempo prima che questo tema torni all’ordine del giorno al Parlamento Europeo, ci aspettiamo però che il problema si ripresenti a breve sotto altra forma.

Le ragioni del dissenso:

La terra che ha dato i natali a Tiziano Vecellio, che si è dotata di democratici statuti di autogoverno già dal 1300, che ha saputo creare dal nulla un distretto dell’occhiale d’eccellenza a livello mondiale e che ha di conseguenza versato fiumi di denaro in imposte alle casse dello Stato, non merita di venire asservita a corridoio di traffico internazionale per fare il gioco di interessi distanti da quelli della montagna, approfittando del suo attuale stato di debolezza, e costituendo un’ulteriore “colonizzazione”, dopo quella dell’idroelettrico.

Ormai si è capito che molto spesso le “grandi opere” servono specialmente a chi le progetta, a chi le costruisce e a “chi ci mangia sopra”.

Non si vede neanche la necessità di realizzare un nuovo corridoio autostradale alpino tra il Brennero e il Tarvisio, tenuto conto anche degli ingenti investimenti infrastrutturali su rotaia lungo queste due direttrici e l’impegno preso in Europa di trasferire entro il 2030 il 30% del trasporto merci a media e lunga distanza dalla gomma alla rotaia, o su nave, e il 50% entro il 2050.

Ben venga invece una ‘“autostrada informatica”, cioè la banda ultra larga e il collegamento alla rete informatica internazionale.

Il Cadore dispone ancora di una naturalità che non esiste più nelle aree di turismo dai grandi numeri, e questo, a parer nostro, costituisce un punto di forza e non di debolezza.

La risorsa ambiente è un’importante opportunità di sviluppare un’economia locale che arresti lo spopolamento, a patto che siano conservate e valorizzate le aree di pregio storico e naturalistico, le attività e le abilità. Le arterie a scorrimento veloce come l’autostrada non farebbero che aumentare il traffico in transito, incentivare il turismo “mordi e fuggi”, e deturpare un ambiente alpino estremamente fragile.

Per quanto riguarda la mobilità, reputiamo che sia ormai indifferibile un adeguamento della viabilità esistente e un ripensamento e ampliamento della linea ferroviaria sull’esempio della Val Pusteria, in funzione di collegamento intervallivo e a supporto del percorso ciclabile Monaco-Venezia che sta imponendosi sempre di più.

Tutto questo in funzione soprattutto di mantenere viva la montagna e di creare le condizioni affinché i giovani non siano costretti a prendere la valigia e ad andarsene.
Il presidio delle terre alte è anche fondamentale per la sicurezza dei territori a valle, quindi della pianura.

Il progetto della Venezia-Monaco poteva forse avere una sua valenza negli anni Sessanta del secolo scorso, epoca in cui ci si illudeva che le risorse a disposizione fossero illimitate a sostegno di una crescita senza fine.

La progettazione oggi del prolungamento A27 va fermata non perché non possa avere una ricaduta sulla crescita economica, ma semplicemente perché va fermato il consumo di suolo e restituita alla Terra la capacità di rigenerarsi per poter espletare la sua funzione di sostegno a tutta la vita. La Terra da mezzo di produzione a fine principale dell’attività umana.

Che ci piaccia o no, dovremo renderci conto che non potremo più misurarci con il PIL e che a presiedere le nostre scelte non potrà più essere il criterio della crescita economica.
E poi, crescita di che cosa e per chi?

E’ ormai scientificamente dimostrato che non è più possibile andare avanti con questo modello di sviluppo, cercando semplicemente di mitigarne gli effetti collaterali, ma che si rende necessaria una presa di coscienza e un cambio di rotta radicale.

Se si devono investire ingenti risorse sulla montagna, lo si faccia per mettere in sicurezza il territorio (proprio in questi giorni ricorrono i 50 anni della tragica alluvione del 1966 con il suo tragico bilancio di lutti e danni).

Sono temi questi che il mondo ambientalista cerca da sempre di far emergere e di portare su tutti i tavoli decisionali.

E questo ci dice papa Francesco con la sua enciclica. Un documento dallo spessore straordinario, un messaggio universale, una guida alla responsabilità individuale e collettiva per costruire un futuro vivibile.

peraltrestrade dolomiti, comitato carnia-cadore

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