Pedemontana, sì della Corte che però bacchetta il project
Pubblicato on 28/Mar/2018 in Newsdal Corriere delle Alpi del 27 marzo 2018
chiusa l’istruttoria triennale
Pedemontana, sì della Corte che però bacchetta il project
PADOVA Si chiude con una sostanziale promozione e un elenco di criticità ancora aperte il triennio di monitoraggio della Corte dei Conti nei confronti della Pedemontana Veneta. Il processo istruttorio era stato attivato nel 2015 «tenuto conto del notevole peso finanziario dell’opera». Sono stati monitorati spesa, modi e tempi di progettazione e realizzazione. La delibera arriva dopo quella dell’Anac e ne ricalca, sostanzialmente, la sostanza.Cosa non funziona. La gran parte delle critiche all’infrastruttura e alla sua gestione riguardano prevalentemente il passato e più specificamente la gestione commissariale d’urgenza interrotta a fine 2016 dal governo. Per quanto riguarda l’oggi, la Corte mette sul banco degli imputati «la modesta attività di controllo e il monitoraggio dell’opera», in gran parte ascrivibile al fatto che la direzione dei lavori è stata affidata all’esecutore stesso ma anche il ricorso al partenariato pubblico-privato in quanto «ha reso precaria e incerta la fattibilità dell’opera stessa».
Sul tema del controllo dell’opera, la delibera sostiene tuttavia che «solo recentemente si è intrapresa un’attività di controllo sui lavori in corso, anche attraverso una più leale collaborazione tra gli organi competenti». In barba al project. Nota dolente la travagliata vicenda che ha portato al closing finanziario dell’infrastruttura «possibile solo con il decisivo intervento degli organismi pubblici, un nuovo assetto della concessione e un nuovo piano economico finanziario». La convenzione, scrive la delibera, presenta «condizioni favorevoli al concessionario» e «la translazione del rischio di mercato sul concedente in contraddizione con la ratio del ricorso alla finanza di progetto». Secondo la Corte le modifiche del rapporto concessorio apportate «appaiono problematiche in relazione alle norme europee sulla concorrenza»: ma la Regione si difende e porta a sua difesa sia l’ok dell’Avvocatura dello stato sia il disco verde dell’Avvocatura regionale.I costi. Per la Corte i costi sono «cresciuti notevolmente» dal «sotto il miliardo» del 2003 ai tre miliardi legati al «continuo miglioramento progettuale e opere compensative richieste dagli enti locali». «La viabilità di raccordo con l’opera non è inclusa nel costo e a ciò serviranno altri fondi pubblici» dice la Corte. Il crono-programma ora guarda al 30 settembre 2020 e «richiederà – scrive la Corte – una produzione mensile di cantiere di 30 milioni».
Fonti da Palazzo Balbi aggiornano però il dato a marzo 2018 e a 50 milioni al mese, un boom rispetto ai 10,7 milioni di media registrato ancora nel 2017 dalla Corte. Oggi il contributo pubblico rappresenta il 40% dell’opera per un esborso di 914 milioni di euro. Ma rileva la Corte «all’epoca della gara non era previsto alcun limite alla misura del contributo pubblico e la legge che ora lo prevede nella misura del 49% non è applicabile alla concessione». Vero è che il canone di disponibilità a favore della Regione «è l’aspetto più significativo del nuovo assetto». E si parla di oltre 12 miliardi di canone. Eleonora Vallin