Petizione contro la Cimpiello-Gemona con i soldi del “Recovery fund”

La Giunta Regionale del Friuli-Venezia Giulia intende realizzare la nuova autostrada Cimpello-Gemona, attingendo finanziamenti dal “Recovery fund”.

Tale autostrada andrebbe a incidere profondamente su numerosi SIC/ZPS e sul delicatissimo sistema del Tagliamento che, come sapete, viene spesso citato quale esempio di sistema fluviale ben conservato a livello mondiale.
A questo proposito si invita a sottoscrivere due petizioni:
1) all’indirizzo       https://www.xpetition.com/it_IT/petizione/contro-lautostrada-cimpello-sequals-gemona/4979        la petizione che si oppone all’iniziativa di per se’ stessa
2) all’indirizzo       https://www.change.org/p/sergio-costa-il-tagliamento-sia-patrimonio-mondiale-naturale-unesco       quella che chiede che il Tagliamento diventi Patrimonio Mondiale Naturale Unesco.

 

Comunicato Circolo Legambiente Pordenone sull’ipotesi dell’autostrada:

Perché NO all’Autostrada CIMPELLO GEMONA e SI’ a uno sviluppo territoriale attento ai bisogni delle comunità e all’ambiente

La Cimpello Sequals è quanto resta di un vecchio progetto che all’epoca si chiamava Meschio Gemona e aveva come obiettivo quello di collegare l’area produttiva pordenonese con i mercati centro europei bypassando il nodo Udinese. In quel contesto le autostrade A4 ed A23 come noi oggi le conosciamo non erano ancora completamente operative.
Una prima attuazione in scala minore del disegno succitato è avvenuta con la realizzazione della Cimpello Sequals: una “superstrada” che avrebbe dovuto essere il primo tratto del collegamento Cimpello Gemona. A seguito della realizzazione del tratto autostradale Portogruaro Pordenone, però, i nodi trasportistici di riferimento erano cambiati e il tratto realizzato ha finito per svolgere un ruolo di drenaggio autostradale dell’area pedemontana pordenonese.
Il primo punto, dunque, è che l’autostrada Cimpello Gemona è stata pianificata in un quadro diverso da quello attuale, pensando a bisogni diversi. Oggi si deve tenere conto del fatto che, a sistema autostradale completato, l’area pordenonese usufruisce di una serie di connessioni stradali alla rete nazionale e internazionale di ottimo livello. Oltretutto il recente investimento nell’interporto di Pordenone avvia la logistica di quest’area all’interno di quello che è il modello più moderno di trasporto merci: quello su rotaia.
La giustificazione del proseguimento verso Gemona, secondo alcuni, dovrebbe stare in un supposto “taumaturgico” potere di rivitalizzazione che le infrastrutture stradali dovrebbero avere sui territori attraversati. Cosa che sono rimasti in pochi a credere. Si pensi ad esempio allo spopolamento della Carnia, nonostante l’autostrada.
Un’infrastruttura stradale svolge appieno la sua funzione se immersa in un quadro pianificatorio complessivo, che tenga conto delle complessità e della dinamica tra flussi e luoghi, e soprattutto la dimensione di un’infrastruttura stradale deve misurarsi con le necessità dei luoghi attraversati. Nel caso di specie, si fa presente che la maggior parte, per non dire tutte, le aree industriali di una certa dimensione che, in una concezione classica, potrebbero usufruire di un’autostrada si trovano proprio dall’altro lato del Tagliamento rispetto al tracciato della ipotetica Sequals Gemona: come le colleghiamo?
Come ambientalisti, ma anche come cittadini che tengono al proprio territorio, non possiamo poi ignorare che un nastro di asfalto da quattro corsie avrebbe un impatto devastante proprio sulla parte più bella e incontaminata dell’area golenale del Tagliamento, fiume che a livello europeo è riconosciuto e studiato come un riferimento per naturalità e bellezza. Il tutto senza dare alcun vantaggio particolare alle aree attraversate, visto che ogni tracciato autostradale si raccorda con il territorio solo in punti ben precisi, che saranno raggiungibili dalle popolazioni locali con i medesimi tracciati stradali oggi utilizzati. L’idea di un’autostrada che si cali nei paesaggi e nei territori della Destra Tagliamento è, oltre che inefficace trasportisticamente, anche sovradimensionata rispetto al territorio che attraversa.
A quanto sopra, aggiungiamo che i tempi per l’attuazione di un progetto di cotale fatta sono ampiamente scaduti. L’Europa chiede una riconversione green e gli investimenti del recovery fund saranno subordinati a ben precisi criteri di sostenibilità. La trasformazione della produzione a un modello digitale sta modificando in modo sostanziale anche il traffico in generale e il modello di trasporto delle merci in particolare. Sempre più si spostano le idee e i progetti e la produzione di beni avviene dove sono necessari. Sempre di meno si spostano le merci: la delocalizzazione come l’abbiamo conosciuta aveva già cominciato a vacillare ma, con la pandemia, ha subito un deciso ridimensionamento. Ovunque l’imprenditore avvertito collega la propria produzione ai valori territoriali dell’ambito in cui colloca la sua azienda. Distruggere quei valori significa perdere possibilità piuttosto che guadagnarne.
Se la Destra Tagliamento necessita di una ridefinizione della rete trasportistica, questo deve avvenire attraverso un lavoro di riclassificazione e riqualificazione della rete attualmente esistente, rendendola idonea alla funzione che le compete nel modo migliore e più efficace, non certo inseguendo la chimera delle grandi opere. In termini concreti, più che di un grande cantiere, noi abbiamo bisogno di tanti piccoli cantieri, che consentano all’economia locale di trovare quella rivitalizzazione reale e tangibile che passa attraverso la cura del territorio e delle comunità, risolvendo spesso problemi puntuali che le popolazioni hanno.
Noi pensiamo che, per invertire la tendenza allo spopolamento e rilanciare le economie locali, sia necessario riportare servizi nei luoghi (scuole, presidi medici…) e favorire una riappropriazione da parte delle comunità dei propri ambiti territoriali (non intesa in senso sterilmente sovranistico) come percorso di riscoperta etica di appartenenza. Solo con una convinta e attenta ricostruzione dei territori e delle comunità si possono porre le basi per un confronto fruttuoso e proficuo con i flussi di merci e capitali che, da qualsiasi parte provengano, sono mossi da interesse e non hanno come fine la cura dell’ambito in cui giungono. Sono invece le comunità locali che, rafforzate, devono essere in grado di farsi attraversare da questi flussi senza soccombere e anzi traendone vantaggio.