Domenica 9 settembre 2018 ore 15 a Torino
presso Radio Black Out, Via Cecchi 21
Appello contro le Olimpiadi invernali 2026
La decisione assunta dal Comitato Olimpico Italiano, di ripartire la candidatura italiana alle Olimpiadi 2026
fra le tre città in lizza, Torino, Milano e Cortina, obbedisce ad una logica spartitrice, da manuale Cencelli del
ventunesimo secolo, atta a non scontentare nessuno dei sindaci e dei governatori di regione, a loro volta
referenti di comitati d’affari locali del tutto incuranti degli autentici bisogni delle popolazioni che abitano
quei territori.
Questa scelta, mirante ad accontentare tutti senza rendere davvero felice nessuno degli ambiziosi
feudatari in lizza, è figlia di un atteggiamento del governo quantomeno noncurante e distratto, occupato a
far quadrare i conti e a rintracciare le risorse finanziarie utili a ripagare nei fatti le numerose promesse
elettorali. La popolazione italiana ha altro a cui pensare che non siano inutili e dannosi Grandi Eventi come
le Olimpiadi, deve come si suol dire mettere insieme il pranzo con la cena, ed un governo che ha creato
tante e tali aspettative deve pur tenerne conto.
All’annuncio da parte della Sindaca Appendino e del Movimento 5 Stelle dell’intenzione di candidare
Torino alle Olimpiadi Invernali del 2026, a marzo si è formato in città e provincia il CoNO coordinamento di
organizzazioni e cittadini/e contrari/e all’ipotesi di una nuova candidatura. Contrarietà motivata
dall’impatto pesantemente negativo dei giochi ospitati nel 2006, riconducibile al debito creato, il quale ha
avuto pesanti ripercussioni sulle finanze comunali e sui servizi ai cittadini torinesi, specialmente quelli più
deboli. Senza dimenticare poi i danni creati all’ambiente e al territorio urbano ed extraurbano. Con invece
ricadute positive molto limitate nel tempo, non proporzionali agli investimenti effettuati e agli effetti
negativi poi manifestatisi nei dieci anni seguenti i giochi.
Il CoNO giudica le Olimpiadi invernali un grande evento, assimilabile alla costruzione di una grande opera,
quale ad esempio la linea TAV Torino – Lione, in cui sono più gli interessi e i benefici di tipo economico che
ne derivano a coloro i quali ne gestiscono la realizzazione che non il valore dal punto di vista sportivo.
Valore relegato a spettacolo di agonismo, che prescinde da ogni ricaduta sulla pratica effettiva dello sport,
specialmente nelle località in cui si svolgono, dove restano solamente grandi impianti inutilizzati: costosi
per le manutenzioni e destinati quindi ad essere abbandonati. Esse incentivano inoltre un modello di
sviluppo non più sostenibile dai territori montani.
Il conto viene pagato, in ogni caso, attraverso un finanziamento apposito del Governo al Coni: quindi si
tratta sempre di risorse pubbliche, che verranno poi assegnate con procedure di emergenza assimilabili,
nell’ordinamento amministrativo italiano, solo agli appalti della Protezione Civile in caso di calamità
naturale. Procedure che non garantiscono nulla se non una “spartizione” rapida dei soldi pubblici, dato che
non vengono applicate le normative sulla trasparenza delle gare d’appalto e contro le infiltrazioni mafiose.
E i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti viste le condizioni indecorose nelle quali ancora vivono nel
nostro paese le popolazioni colpite dai sisma degli ultimi anni. Tutto ciò avviene inoltre in un contesto nel
quale l’Unione Europea impone manovre correttive al bilancio italiano perché al suo interno si avrebbero
sforamenti di pochi decimali dei parametri comunitari.
Il Coordinamento ritiene nel contempo l’idea che possa esistere un grande evento a impatto zero un
assurdo matematico. Numerosi studi documentano che il costo medio di un’edizione invernale delle
Olimpiadi è pari a 3,1 miliardi di dollari (2,5 miliardi di euro), e che i costi a consuntivo hanno sempre
sforato in modo clamoroso le previsioni (in media del 150%). Il progetto attuale del CONI valuta una spesa
preventiva ridicola di 376 milioni di euro, destinata a moltiplicarsi a dismisura. Al di là della maggiore o
minore incidenza territoriale che le olimpiadi avranno si tratta comunque di uno sperpero di risorse
pubbliche.
Semplicemente, grandi opere e grandi eventi drenano risorse alla spesa per servizi, incanalando ingenti
quantitativi di denaro verso spesa improduttiva: il costo maggiore per l’organizzazione di un grande
evento è, ad esempio, quello della sicurezza, che al momento, e ancor più in conseguenza dell’enorme
estensione territoriale progettata, non è nemmeno quantificabile. E il contesto storico in essere non
permette fantasiose ipotesi low cost, in materia di sicurezza: che resta quindi un costo improduttivo, non
ammortizzabile e non comprimibile.
Il CoNO in questi mesi si è opposto alla candidatura di Torino tramite azioni di sensibilizzazione della
cittadinanza, contrastando l’informazione/propaganda a senso unico e evidenziando le contraddizioni di
quelle forze politiche che si dicevano contrarie alle grandi opere e che poi hanno vergognosamente
cambiato idea.
Riteniamo ora che si debba continuare a perseguire questa opposizione condividendone l’azione con altre
persone, associazioni e rappresentanze sociali presenti nei territori coinvolti dal progetto del CONI.
Proponiamo quindi un primo incontro di confronto per arrivare ad analisi e conseguenti azioni
comuni:
domenica 9 settembre 2018 ore 15 a Torino
presso Radio Black Out, Via Cecchi 21
info: coordinamentonoolimpiadi@gmail.com
https://www.facebook.com/Coordinamento.NO.Olimpiadi/
CoNO – Coordinamento No Olimpiadi 2026