Treno delle Dolomiti, tanti motivi per dire di no. Lettera
Pubblicato on 25/Ago/2017 in NewsDal Corriere delle Alpi del 24 agosto 2017, lettera
Treno delle Dolomiti: tanti motivi per dire di no
Sono contrario al treno delle Dolomiti. Per diverse considerazioni tutte riconducibili al buon senso. Oggi come oggi per il Cadore la priorità assoluta è il potenziamento della ferrovia fino a Calalzo. Proprio per evitare i vergognosi e onerosi cambi di vettura, spesso con pullman, a Conegliano o Ponte delle Alpi o Belluno, per tutti i passeggeri provenienti da Padova, Mestre, o Treviso o Vicenza.
La centralità di Calalzo potenziata nei suoi collegamenti su gomma con la val Boite, dovrebbe rappresentare snodo ferroviario verso il centro Europa per dare impulso al trasporto merci, all’economia locale, al turismo. E per affossare definitivamente l’idea dell’autostrada verso Monaco.
Esiste un progetto in questo senso? No, solo dibattiti teorici. La seconda questione è ambientale. Niente e nessuno mi potrà convincere che un anello ferroviario di 50 chilometri avrà un impatto zero quanto a consumo di suolo, disboscamento, ponti in cemento, trivellazioni di montagne, opere complementari, viabilità modificata, viadotti, nuove lottizzazioni, alberghi, altre stazioni, strutture in ferro.
Tutti lavori che renderanno ancora più fragile e vulnerabile sia la val Boite come la valle dell’Ansiei, entrambe flagellate da frane, smottamenti alluvioni come puntualmente accaduto negli ultimi tre anni. La bomba d’acqua del 4 agosto 2017 ne è l’ennesima, tragica conferma. E non sarà l’ultima. Servirà un continuo e oneroso intervento di manutenzione utilizzando ulteriore cemento per rafforzare il precedente, distrutto con buona pace della natura, al tempo stesso vittima e carnefice per le opere dell’uomo.
La terza questione è politica. Il Cadore è frazionato in trenta piccoli Comuni caratterizzati da altrettanti e spesso competitivi centri decisionali, rissosi e dominati da forte campanilismo. Aggiungiamo la voglia secessionista della Provincia di Belluno, il desiderio di autonomia della Regione Veneto, gli appetitosi finanziamenti del Fondo di confine, la burocrazia che frammenta le competenze escludendo alla fine qualsiasi responsabilità e avremo sufficienti motivi per capire come le decisioni più importanti per il treno delle Dolomiti non saranno prese democraticamente.
Piuttosto adottate da oligarchie politiche che non faranno certo gli interessi della montagna, ma solo quelli della speculazione, tangenti e sprechi, che faranno lievitare i costi scaricandoli tutti sulla comunità residente e di villeggiatura. Che per assurdo pagherà una vergognosa tassa di soggiorno.
La classe politica veneta dovrebbe rigenerarsi moralmente e far dimenticare tutto il marcio del quale si è resa protagonista prima di auto appaltarsi nuovi lavori pubblici.
La quarta questione è economica. Manca un preciso e dettagliato progetto che nessuno ha ancora visto, discusso, confrontato, commentato a livello tecnico e nel suo impatto sociale e demografico, e conseguente preventivo di spesa.Solo suggestivi disegni dove un trenino che figurerebbe molto bene in un cartone animato di Heidi, si armonizza dolcemente con il verde circostante. I sindaci del centro Cadore hanno discusso sul nulla.
Entro settembre, i 30 primi cittadini della valle del Boite e dell’Ansiei delibereranno non sulla bontà del progetto ferroviario da un punto di vista tecnico, assistiti da ingegneri, geologi ed economisti, ma piuttosto dove il progetto, top secret per tutta l’opinione pubblica, verrà realizzato. Consiglieri comunali che in privato fanno i più svariati mestieri dovranno acquisire rudimenti di ingegneria, geologia, architettura, ambiente, economia, demografia, per decidere con coscienza e competenza su progetto e tracciato. Assurdo. I trenta sindaci discutono oggi e delibereranno domani solo per esigenze elettorali e d’immagine. Voteranno sì al treno delle Dolomiti solo perché rappresenterà una futura speranza di sviluppo turistico per il proprio territorio. Danno speranze positive oggi contro vantaggi incerti ed aleatori domani.
Infine la questione sociale. La montagna in generale ed il Cadore in particolare si stanno spopolando. Non c’è lavoro. L’economia del territorio arranca per carenza di infrastrutture, calo di consumi, clima ostile, mancanza di opportunità per i giovani. In questa ottica, ha senso spendere 745 milioni di euro per offrire a pochi visitatori la verde vallata dolomitica comodamente seduti su un velocissimo treno? Non trovo in questo alcuna logica neanche per agevolare i pendolari del centro Cadore o della valle del Boite che avrebbero comunque bisogno di migliori collegamenti ferroviari con le più grandi e produttive città piuttosto che con paesini legati solo a turismo e artigianato.
Affermo a consuntivo, che il treno delle Dolomiti sarà una bellissima attrazione stile Luna park. Di minimale impatto sullo sviluppo economico e demografico del territorio. Servirà solo al turismo mordi e fuggi. Ma se dovessi ammirare la bellezza della montagna, non mi affiderei ai finestrini di un velocissimo treno, piuttosto salirei sulla sommità del Monte Tudaio, a Vigo, che mi potrebbe consentire la visione a 360 gradi del centro Cadore, la val d’Ansiei, il verde Comelico.
Queste mie osservazioni risentono del personale amore che porto verso la natura e la montagna. L’opinione pubblica non ha peso politico od economico, è sullo stesso piano del giudizio che ha dato il marchese del Grillo verso la plebe romana nell’omonimo e celeberrimo film. Il residente cadorino non conta nulla.
Oscar De Gaspari