Triveneto: innovazione più “reshoring” ed è rimonta
Pubblicato on 19/Lug/2017 in NewsDal Corriere delle Alpi del 18 luglio 2107
Innovazione più “reshoring” ed è rimonta
Le filiere
Il Triveneto è tornato a correre e pedalare. E se il territorio è ritornato al suo ruolo di locomotiva d’Italia, con un Pil che nel 2016 ha ingranato la marcia del +1,6%, lo deve in parte anche alla ripresa delle sue filiere industriali dello sport, trainate dalla volata le imprese del ciclismo e da quelle degli articoli tecnici da montagna. Secondo l’ultima relazione di Assosport, l’anno scorso le aziende del settore hanno fatturato la bellezza di 8,6 miliardi di euro, di cui quasi il 70% proviene dalle esportazioni. Ebbene, più di un terzo di questo giro d’affari, pari a 3,5 miliardi di euro, è frutto della creatività e della ricerca tecnologica del Nordest.
Dopo una stagione nera per il comparto, quella che ha portato a delocalizzazioni selvagge, chiusure aziendali e messa in mobilità di migliaia di lavoratori, ora sembra essere tornato il sereno sullo sport del Triveneto. Lo conferma Luca Businaro, presidente di Assosport nonché patron di Novation Tech di Montebelluna, specializzata nella lavorazione del carbonio: «Abbiamo trascorso anni di crisi durissima, ora, finalmente vediamo la luce, grazie soprattutto alla domanda estera».
Il passato dei bassi prezzi
La ragione della ripresa secondo Businaro sta nella richiesta di qualità da parte del mercato che invece qualche anno fa sembrava orientarsi esclusivamente sul basso prezzo. «Nel primo trimestre del 2017 le esportazioni sono aumentate del 12%, l’anno scorso del 7%. C’è molta richiesta dall’estero di articoli sportivi di qualità per la montagna e per la bicicletta». Il territorio esprime eccellenze come Tecnica, Nordica, Dolomite, S.C.A.R.P.A., Diadora, Lotto, Geox, Asolo, Rossignol Garmont, SIDI, Alpinestar, Roces, Rollerblade; nel ciclismo ci sono Campagnolo, Wilier Triestina, Pinarello (appena acquisita da Lvmh). Ma le filiere dello sport sono soprattutto composte da Pmi. «Le piccole e medie imprese rappresentano l’85% del tessuto produttivo», afferma Businaro, «aziende che hanno resistito alla crisi e che oggi, per non perdere la strada della crescita, hanno bisogno del sostegno delle istituzioni, a difesa del marchio made in Italy». Perché la contraffazione rimane ad oggi uno dei grandi problemi dell’industria dello sport: gli articoli sportivi nel 2016 fanno registrare in Europa perdite per 492 milioni di euro proprio a causa di brand contraffatti. Il made in torna a essere leva di sviluppo e garanzia di prodotto.
Tante produzioni sono volate nell’Est europeo, ma i centri ricerca e sviluppo sono rimasti in Italia. E qualche impresa comincia a pensare anche alla rilocalizzazione, il cosiddetto reshoring. «Diverse aziende sono tornate a produrre sul territorio», dice Businaro, «e altre stanno pensando di farlo. Il fenomeno del reshoring va incoraggiato.
Gli incentivi di Industria 4.0 vanno in questa direzione ma bisogna fare di più». Nel distretto delle calzature di Montebelluna la Fitwell Srl, azienda specializzata nella produzione di scarpe e scarponi tecnici da montagna, dopo una fase di esternalizzazione produttiva dei modelli di bassa e media gamma in Romania, ha deciso di creare un proprio brand concentrandosi su prodotti di alta qualità e facendo rientrare la produzione in Italia nello stabilimento di Pederobba, in provincia di Treviso.
La manifattura, di tipo artigianale e altamente specializzata, sforna scarpe in cuoio leggere destinate al trekking, scarponi da montagna e anche calzature antinfortunistiche. Produzione sul territorioIl ritorno alla produzione sul territorio è accompagnato dalla rivoluzione digitale dei processi.
Il 56% delle imprese sta affrontando il percorso di trasformazione digitale. Il percorso è già concluso per il 10%, mentre il 27% ha già introdotto il digital marketing, il 13% opera con stampanti 3d e il 14% utilizza le tecnologie dell’internet of things. Un fenomeno confermato da Patrizio Bof, presidente Associazione dello Sportsystem e dell’imprenditoria del Montebellunese e dell’Asolano e numero uno dell’acceleratore d’impresa InfiniteArea: «La dinamica che stiamo registrando è quella del reshoring, ovvero importanti marchi che riportano le proprie produzioni di fascia medio-alta in Italia.
Questo segnale positivo ci permette due considerazioni. La prima riguarda il fatto che la qualità è ancora il sigillo che contraddistingue il nostro territorio. La seconda ci suggerisce che offrire qualità elevata consente di non dover scendere a compromessi con valutazioni unicamente legate al costo del prodotto e della produzione».
Profonda trasformazione
Il distretto dello “Scarpone”, ora ribattezzato dello Sportsystem, ha registrato in questi ultimi anni una profonda trasformazione che ha consentito una nuova fase di crescita. In quest’area di circa 320 chilometri quadrati, che si estende dai piedi del Montello e lungo il corso del fiume Piave, la filiera della calzatura dello sport impiega circa 10mila addetti e genera un fatturato aggregato di 1,4 miliardi di euro. Secondo l’Osservatorio Nazionale dei distretti italiani, rispetto al periodo pre-crisi le aziende con oltre 50 dipendenti sono passate da 17 a 23 e le società di capitali da 189 a 192. In sostanza, le aziende hanno cambiato pelle: sono cresciute per dimensione e si sono internazionalizzate. «In particolare», dice Bof, «il distretto è stato in grado di intercettare nell’ambito delle discipline sportive outdoor la crescente domanda di articoli sportivi a elevato contenuto tecnologico adatti a un utente finale esigente ed eterogeneo».
Le aziende perciò hanno puntato moltissimo sull’innovazione di prodotto e di processo. «I centri di ricerca e sviluppo delle nostre aziende non si sono mai mossi dal distretto, anzi, negli anni sono progressivamente cresciuti. Sono stati potenziati con nuove competenze e strumentazioni all’avanguardia perché l’innovazione è un fattore strategico che va sempre guidato. Avere alla guida un imprenditore è fondamentale, specialmente per i nostri associati. I centri di ricerca e sviluppo si sono dotati di specialisti e strutture d’industrializzazione che operano, secondo un modello a rete, attivando le diverse realtà in cui è stato necessario dislocare le produzioni».
I fari dell’alta finanza
Sul distretto della bicicletta si sono accesi i fari dell’alta finanza dopo che è stata annunciata l’operazione di acquisizione di Pinarello da parte dl gruppo del lusso Lvmh. La filiera delle due ruote è molto articolata sul territorio: si tratta di un distretto di circa 130 imprese e circa 4000 addetti che producono un fatturato intorno agli 800 milioni di euro, che rappresenta una quota approssimativa del 25% del mercato nazionale.
Per rafforzare il tessuto manifatturiero la regione Veneto avrebbe voluto costituire un distretto della pedalata. Ipotesi affiorata più volte ma mai concretizza. «A mio avviso», dice Andrea Gastaldello, ceo di Wilier Triestina, «ormai è troppo tardi per formare un distretto della bici. Le manifatture dei prodotti come telai e componentistica si sono trasferiti in Europa dell’Est o in Asia. Non si è reagito negli scorsi anni, infatti il settore manifatturiero del ciclo si è molto impoverito negli ultimi anni. L’unica cosa positiva che si potrebbe realizzare è un centro di ricerca e sviluppo con galleria del vento per prove aerodinamiche, che potrebbe essere sfruttato da più aziende che realizzano prodotti complementari, con un mix di risorse pubbliche e private».
Christian Benna